RICORDI A MIA FIGLIA EMMA
Mente per la gola, bestemmia contro Dio e contro la nostra dignità chi nega
all'uomo il libero arbitrio.
Tutte le convinzioni, tutte le speranze d'un avvenire immortale sono sante
dinanzi alla ragione, quando tendono ad elevare l'uomo in una sfera di
sentimenti che lo fanno grande anche nella vita terrena; ma è eretico contro
Dio e contro la ragione chi nega all'uomo la libertà del pensiero e
dell'azione, chi gli rifiuta il santo battesimo del libero arbitrio.
Non v'ha forza di passione, non fascino d'amore, non turbine di delirio che
possa far piegare al male che deve e vuol fare il proprio dovere.
Al disopra dell'uomo sta il dovere: al disopra del dovere non c'è forse che
Dio.
In tutte le età, in tutte le condizioni della vita, presso tutti i popoli e
in tutti i tempi, al disopra di ogni legge e di ogni religione sta primissimo
il dovere di non far male ad anima viva.
Generare figliuoli malati è fare un grandissimo male, uno dei maggiori
forse, alle creature che più caldamente amiamo, alla carne della nostra carne,
al sangue del nostro sangue.
Il generare figliuoli malati per propria colpa è peggio che uccidere un uomo
nell'impeto della passione: è versare il veleno impunemente, proditoriamente
nella coppa di una persona amata.
Esser malati e voler avere figliuoli è egoismo brutale, è delitto; è
seminare rimorsi per tutta la vita.
Il male fatto da chi genera figliuoli malati non finisce quasi mai nella
prima vittima: la malattia, il veleno si diffondono spesso in due, in tre, in
più generazioni, seminando la debolezza, il dolore, la maledizione contro la
vita e chi ce l'ha data.
Chi è malato e vuole aver figliuoli è pessimo padre, perché dà a bere ad
essi il veleno: è pessimo cittadino, perché dà alla nazione cattivi cittadini:
è pessimo uomo, perché rovina il primo patrimonio dell'umana famiglia: la
salute, la forza.
Mettersi all'ombra di un fatalismo musulmano è giuocare tutta la propria
fortuna sopra un tiro di dadi, è giuocare ad una lotteria la propria casa, la
propria terra, tutto quanto si possiede.
La felicità è dei forti, la vittoria è per chi ragiona; e nessuna ragione al
mondo può giustificare l'epilettico, il tisico, il demente, che vogliono col
matrimonio perpetuare in una razza l'epilessia, la tubercolosi, la demenza.
Mettersi all'ombra di leggi ignoranti e brutali per giustificare il proprio
errore è rinunciare per sempre ad essere qualche cosa più del volgo che mangia,
rumina e dorme.
L'amore è la più santa gioia della vita; ma volete voi farne un crogiuolo in
cui si fonde un veleno?
L'amore è la prima benedizione dell'uomo, ma volete voi che generi una
bestemmia?
L'amore è la fiaccola che riaccende la favilla della vita: volete voi farne
una tela funebre che guidi alla fossa?
Volete voi, tossicoloso e morente, accompagnare al cimitero figliuoli morti
nel primo sorriso della fanciullezza?
Volete voi leggere sulle rughe precoci del vostro figliuolo giovinetto una
maledizione contro il padre, contro la madre che lo ha generato?
Nulla può sostituirsi alla salute perduta; non la ricchezza, non
l'educazione, non la scienza, non la religione.
Vestite di seta, coprite d'oro un malato, mettetelo in un cocchio dorato,
portatelo nel tumulto d'una pazza festa e ditegli che sorrida.
Vestite un cadavere d'oro e di gemme, mettetegli in mano lo scettro del
potere e ditegli che goda.
La vita malata, debole, zoppicante, medicata sempre e sempre fasciata, è un
assenzio che non v'ha miele che possa raddolcire, è dolore per cui non v'ha
conforto; è fatica per cui non v'ha altro riposo che quello della fossa.
Mia Emma, mia cara Emma, tu m'hai sempre amato, tu hai ardentemente amato
tuo padre: ma io, dopo aver perduto tanti figliuoli e dopo averti veduta
morente più d'una volta, ho maledetto me stesso e il mio peccato e la mia
ignoranza e l'ignoranza dei medici, che avevano fatto versare nella mia
famiglia quel veleno di cui io dovrò morire.
Nato malato, avrei patito io solo; solo, avrei potuto render utili agli
amici e al paese quegli anni di vita sofferente che pur la natura m'aveva
concesso.
Io invece ho maledetto l'ora in cui son nato; ho raddoppiato, ho
moltiplicato cento volte il mio dolore col dolore dei miei figliuoli; ho
cambiato la mia casa in un cimitero.
La mia ignoranza ora non può giustificare più alcuno; la scienza moderna lo
ha detto, lo ha proclamato ad altissima voce, che per fondare una famiglia
conviene esser forti; ha dimostrato che i tisici generano tisici, gli
epilettici epilettici, che una delle leggi più inesorabili è quella della
eredità morbosa.
Se per rara fortuna, se con lunghi stenti riuscite ad avere alcuni figli
sani, di certo, fra essi, alcuno sarà maledetto; e il padre malato e la madre
tubercolosa, leggeranno in quel volto consacrato al dolore una condanna vivente
del proprio peccato.
Emma, mia buona Emma, tu sei stata malata tutta la vita, tu, mia ultima
figliuola; ho fatto prodigi di igiene per salvarti e credo che tu vivrai. Dio
non volle ch'io fossi l'assassino di tutti i miei figli.
Ma la tua vita è fragile come canna nata sola e sottile in mezzo al deserto;
chi volesse appoggiarsi sovr'essa la schianterebbe.
Non prender marito mai, mia figliuola; divenendo madre, tu ne morresti o
avresti figli condannati a morire nel primo giubilo della fanciullezza o nella
primavera della giovinezza. Il veleno della tisi è troppo incarnato nel nostro
sangue, perché s'abbia a disperdere in una nuova generazione.
In noi due, ultimi superstiti di tanti cari scomparsi, deve spegnersi il
veleno e cancellarsi il peccato.
Giurami, mia Emma, che vivrai e morrai sola. Che tu sia l'espiatrice di tuo
padre, l'angelo redentore del suo peccato.
Il testamento, l'eredità di tuo padre è un giuramento di dolore; l'ultima
parola che il padre deve dire alla creatura sua, a colei che ha amato sopra
ogni altra cosa in questo mondo, è una sentenza di dolore; è un grido che dice:
- Soffri! soffri finché vivi!
È questa la più crudele punizione del mio peccato. Dopo aver veduto morire
tutti i miei figliuoli; io devo dire all'ultimo che mi è rimasto: - Soffri, e
soffri per colpa di tuo padre.
Non maledire tuo padre. Quand'egli era giovine, quando diede la mano di
sposo a tua madre, i medici erano manipolatori brutali di lancette e di
calomelano; essi non sapevano farsi sacerdoti della forza umana, custodi della
salute dei sani. Essi non sapevano dire al tisico, all'epilettico, all'uomo
debole: - Questa tua vita tu non l'hai a dare ad anima viva; meglio sarebbe
piantare un pugnale nel cuore del tuo più fido amico.
Tuo padre ti lasciò in eredità un dovere, un terribile dovere da compiere:
vivere senza amare: essere donna senz'esser madre: ma io muoio tranquillo,
perché il giuramento di mia figlia non sarà violato ed ella farà tutto il bene
che il padre non ha potuto compiere.
Non fare il male quando le passioni più irresistibili ci trascinano, quando
le leggi umane ce lo consentono, quando il suffragio universale non ci
condanna, è opera grande; è eroismo maggiore di ogni eroismo che si spieghi sui
campi insanguinati delle battaglie.
Ma finché ogni uomo non sarà capace di adempiere a questo dovere, l'umanità
non avrà raggiunto il tipo della sua perfezione ideale.
Il tuo sentiero, mia Emma, corre sull'orlo di un abisso, ma tu puoi cogliere
qualche fiore su quella via a cui ti condanna tuo padre. Tu hai una missione in
questo mondo, tu hai a raggiungere un'erta a cui pochi arrivano; tu hai a farti
vestale d'un fuoco santo che finora per propria fortuna gli uomini non
lasciarono spegnere ancora, il fuoco sacro del dovere.
Chi si sacrifica al proprio dovere, vive in un'atmosfera dove forse non
brilla il sole, ma dove il cielo è sempre sereno.
Chi compie il proprio dovere vive in un cielo eternamente sereno, in una
calma che può essere malinconica, ma che impronta ogni atto della vita in una
sublime dignità.
L'uomo servo del proprio dovere è più che un uomo, è un principio: è un Dio
ideale, eppur vivente, di quanto ha di più bello, di più grande la natura
umana.
I mediocri, i deboli, tutti passano riverenti e chinano il capo dinanzi alla
statua del dovere; tutti ne risentono un'influenza salutare che ci innalza e ci
fa davvero immortali; provano i brividi che sente chi cammina solitario in un
tempio smisurato e muto.
La creatura che si sacrifica al proprio dovere è il vero santo dell'umanità
e chi ne risente il contatto o ne aspira l'alito, rimane santificato.
Tu, mia Emma, sarai una di queste sante; lo sarai di certo, lo giuro io per
te. Questa sicurezza beata mi farà sorridere sul letto di morte.
|