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Paolo Mantegazza
Un giorno a Madera

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  • RICORDI A MIA FIGLIA EMMA
      • 9 - William ad Emma - Londra, 8 agosto.
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9 - William ad Emma - Londra, 8 agosto.

 

Tu mi hai promesso, Emma, che porterai con te questa mia lettera e che non la leggerai che a Madera. Qualche cosa di mio ti sarà compagno nel tuo viaggio, e appena sbarcata in un paese straniero, una mia parola ti darà il primo saluto. Oh perché non posso io chiudere in questo foglio fortunato tutto me stesso? Perché mai la fantasia umana che ha creato gli spiriti, le ombre, i fantasmi, non ha tanta potenza da trasformare i corpi viventi in questi spiriti invisibili? Perché mai i medici non possono conservare un uomo vivo e addormentato per anni ed anni? Perché mai il pensiero corre sempre più in della mano? Perché tanta sproporzione fra il pensiero e l'azione?

In questa mia lettera il mio spirito ti saluta, o Emma, e aleggiandoti intorno, vuole che l'isola su cui hai posto il piede sia per te un giardino, un paradiso; vuole che il suolo di Madera sia per te una terra benedetta che ti dia la salute, la pace, la gioia. Io avrò il coraggio di amare quell'isola che mi ha tolto la mia Emma per tanto tempo, avrò il coraggio di benedire Madera.

E tu mi hai scacciato dalla tua isola, come Dio scacciava i nostri padri dal primo paradiso, né mi hai concesso di venirti a trovare una sola volta, un'ora sola. Hai voluto far segnare la mia condanna colla penna di un medico per te venerando, ma tu fosti il giudice crudele e maliziosamente ti sei nascosta dietro la toga di un magistrato inappellabile. E colla tua solita grazia, col tuo pennello d'artista, nelle tue lettere e nelle nostre conversazioni interminabili degli ultimi giorni, mi hai voluto fare un quadro molto lusinghiero del tuo dottor Thom; me ne hai fatto un tipo del medico filosofo, dell'uomo di cuore saldato insieme all'uomo di scienza; me l'hai fatto un tipo di sublime bontà; ma non sei però riuscita a farmelo amare. Per me il dottor Thom è pur sempre il giudice che ti ha esiliata dall'Inghilterra e ha scacciato il tuo William dalla terra promessa, dove egli possiede tutti i suoi tesori. Io non l'amo punto il tuo Franklin divenuto medico, il tuo dottor Thom.

In mezzo al mio dolore ho un'immensa consolazione. Io so di sicuro che a Madera qualche cosa ti mancherà; ti mancherà tutto quello che manca a me. Né l'aria imbalsamata, né i fiori, né le valli ridenti della tua isola, né la bontà della zia Anna potranno riempire quel vuoto. Guai a me se a Madera ti sapessi completamente felice.

Vedi Emma, io ti amo troppo, e tanta superbia ho del mio amore, che non ho mai concepito l'idea che io potessi divenir geloso di un altr'uomo. E chi sarebbe tanto temerario d'amarti come io; qual luce oserebbe brillare dinanzi al sole del nostro amore?

Chi mai avrebbe il diritto in questo mondo di alzare il capo e di dire: - Io amo Emma più di William? - Io dunque non sono geloso di alcun uomo su questa terra; e se Dio scendesse sotto la forma d'un uomo, io non sarei geloso di Dio. Il tuo William, invece, è geloso della natura e d'ogni cosa bella che ti sta intorno. Io temo sempre che nel contemplare il mare azzurro e il cielo stellato, che nel folleggiare tra i prati fioriti e profumati, tu debba rivolgere un pensiero d'amore a quelle belle cose, e senza che io abbia la mia parte in quel pensiero. Tu ami tanto le belle cose!

T'ho udito più volte parlare lungamente, con vera passione, d'una farfalla o d'uno scoglio coperto di muschio; t'ho udita discorrere con entusiasmo d'una quercia su cui si arrampicava un'edera e che avevamo veduta insieme nei giardini di Kent. Ecco, tu dicevi, una creatura che possiamo amare senza rimorsi e senza dolori, la possiamo amare con passione, anche senza che sia cosa nostra. L'amore per la natura è una passione sempre vergine, e nessuno ha potuto chiudere tutta quanta la natura dietro le pareti di un serraglio o le inferriate d'un carcere: ve n'ha per tutti, anche per l'uomo più povero del mondo.

Ora, mia Emma, tu sei in un paese cento volte più bello dell'Inghilterra, dicono più bello dell'Italia ed io son geloso di Madera.

Quanti volumi non ho io letto in questa ultima settimana su quella tua isola! E per mia fortuna non ho potuto trovare a Londra tutte le opere che parlano di Madera: per cui posso tormentare ancora il mio libraio; posso ancora aspettare nuovi libri dagli Stati Uniti, dalla Germania, dal Portogallo. Ho fatto scolpire dietro un mio disegno una piccola biblioteca, dove non collocherò che opere che parlano della tua isola.

Ho già saputo però che è l'isola dei fiori, che gli eliotropii si mietono come l'avena, perché invaderebbero i campi; ho saputo che si passeggia all'ombra delle passiflore, e che i boschi son pieni di lauri, di alberetti sempre verdi, di eriche alte come un uomo. Tu che ami tanto le eriche e le hai vedute nelle nostre serre alte un palmo, potrai passeggiare e perderti in un bosco di erica arborea. Ti ricordi quando mi dicevi che le mimose e le eriche erano i merletti d'Inghilterra nel mondo delle piante, ed io, ridendo, ti diceva una secentista, un poeta barocco? Ebbene, tu vedrai ora i merletti giganteschi di Madera.

Il primo pensiero di William che tu trovi nell'isola è dunque un pensiero di gelosia, d'immensa gelosia per quella bella natura che ti possederà tutta quanta per chi sa quanti mesi; è un'invidia infinita per quei fiori che andrai cogliendo a piene mani, che ti inebrieranno coi loro profumi.

Come troverai fredde e nuvolose le mie lettere che ti giungeranno ancora imbevute della nostra nebbia inglese! Con quanta compassione penserai a noi poveretti che viviamo per cinque mesi dell'anno senza foglie sugli alberi, senza fiori nei prati!

Vedi, mia Emma, prima di gettarti in braccio della bella natura che ti circonda e di cui non hai sentito fino ad ora che il profumo lontano, tu mi devi fare una promessa. Tu mi hai a promettere di lasciarmi un posticino, fosse pur piccolissimo, in ogni tuo fiore, in ogni tua ammirazione per Madera. Soltanto in questo modo potrò amare anch'io la tua isola.

Quando, portata sul dorso del tuo cavallo, dall'alto di una rupe nera nera guarderai giù nella valle e vedrai fra le canne ondeggianti dello zucchero i cespugli fioriti delle rose, e il vento te ne porterà gli odori inebrianti; quando tutt'all'intorno ti vedrai un mare sereno e tranquillo e non saprai dove fermare il tuo occhio innamorato in mezzo a tutto quel mare di bellezze, tu hai a dire:

- Che cosa penserebbe William, se mi fosse qui accanto?

E quando ti porterai trionfante a casa nel tuo canestro tutto un bottino di fiori, tutto un diluvio di fiori, di gelsomini, di eriche, di ramoscelli di mirto; e quando nella tua cameretta sospirerai profondamente, respirando tutta quell'aria profumata, m'hai a dire:

- Non senti, William, questa voluttà che rassomiglia tanto alle gioie dell'anima?

E quando alla sera porterai alla spiaggia il tuo scialle, e sdraiata, coi tuoi piccoli piedi presso all'onda del mare, ti perderai nel profondo di un cielo trasparente come lo zaffiro, accompagnando i tuoi sogni e i tuoi pensieri coll'alterna carezza dell'onda, anche allora, Emma, pensa subito:

- Come sarebbe felice William, se fosse qui con me, coricato anch'egli sulla fresca arena!

Vedi, mia Emma, non mi chiamare esigente: no, chiamami soltanto innamorato. L'amore è la vita intiera divenuta un desiderio, è la vita tutta quanta, con tutta la sua forza, con tutto il suo caldo, con tutti i suoi misteri trasformati in una cosa sola, in un desiderio insaziabile, onnipotente, infinito.

Intendi, Emma, che cosa voglia dire un uomo tutto trasformato in un desiderio? intendi che cosa voglia dire avere in un pugno solo la bellezza, la gioventù, l'ingegno, l'ardore dei sensi, l'ambizione, l'odio, il pensiero, la poesia, tutte le forze umane e sentirle tutte quante consumarsi in una sola scintilla, bruciare dello stesso fuoco? E sentirsi pronto da un minuto all'altro a gettar tutta quella forza, tutta la vita ai piedi di una creatura per averne un sorriso, e amar la vita, soltanto per poter dire ad una donna: - Io posso morire per te? - E dopo tanto ardore e dopo tanto vulcano, sentir sempre nelle viscere, eterno, insaziabile, infinito quel desiderio, che è poi la vita intera, che è tutto l'amore?

Il fiato di Dio nella creta dell'uomo è l'amore; l'infinito del futuro legato alla creatura d'un giorno è l'amore; la scintilla strappata al cielo da Prometeo è l'amore; o almeno tutto questo è l'amore ch'io sento per te.

E la parola è ancora ben povera cosa per dirti quel che sento, per circondarti di un'atmosfera che per tutto il tempo che vivrai a Madera ti dica sempre, in ogni ora del giorno e della notte: William è qui. William è sempre qui con me. La parole è il segno che nel deserto mostra al pellegrino la via; ma la via si conquista sulle ali della fantasia e sul dorso d'un cavallo ardente.

Se è vero che con venti lettere noi possiamo esprimere tutti i nostri pensieri; se è vero che il genio con sette note ci trasporta nei mondi sconfinati dell'armonia; se è vero che la natura colle tavolozze di sette colori basta all'impresa di dipingerci l'universo; è pur sempre vero che al di del pensiero scritto, al di dell'armonia del maestro, al di della tela del quadro vi ha un mondo misterioso che la nostra mente chiama suo e che non fu ancora acquistato dal poeta, dal maestro, dal pittore. È questa la nostra grandezza, che vi sia un mondo dove lo spirito non trova frontiere, dove non lo arresta alcun doganiere; dove la fantasia e il sentimento spaziano senza battere il capo impaziente contro le pareti della forma, contro le inferriate della scienza. L'uomo sente assai più di quel che possa dire, e tutte le lingue parlate e tutte le forme strappate dalla mano temeraria del poeta al mondo dell'infinito, non bastano ad esprimere quel che l'uomo può sentire in un istante solo d'odio o di amore, di voluttà o di dolore.

O mia Emma, dove mi sono io smarrito!

Voleva darti il benvenuto al tuo arrivo a Madera; e ti ho parlato di gelosia e fors'anche t'ho fatto della metafisica. Tu che mi intendi, anche quando non parlo, m'avrai inteso anche questa volta. Tu avrai inteso e perdonato la mia gelosia, in cui non sento ombra d'amarezza; in cui credo non si nasconde la più piccola vanità, il più innocente egoismo.

Tu sei una cosa mia, come sono miei i miei pensieri, i miei occhi: tu sei mia come son mie le mie mani; tu sei più che la metà di me stesso e ora che sei lontana mi sento avvinto più ancora di quando mi sei vicina; e pensando a te con infinito dolore, mi pare che una parte di me stesso sia in me malata, sicché io di essa sola mi occupo: per essa sola mi tormento e mi cruccio.

La gelosia di un'anima onesta è il bisogno di volere che il nostro calore riscaldi tutte le nostre membra, che nelle nostre viscere non entri che il nostro sangue. La gelosia, così com'io l'intendo, è la coscienza piena di sé stesso, è l'amore di sé stesso, è l'istinto della propria conservazione, è il più santo dei diritti naturali.

La massima parte di me stesso è a Madera ed io l'accompagno con immenso amore ed io la circondo d'un fiato che me la conservi, che me l'accarezzi, sicché quel ch'è mio rimanga mio soltanto e mio sempre e innanzi a morire non m'abbia a veder dilaniate le membra e sanguinanti escirmi le viscere da un'ampia ferita.

L'uomo solo non esiste, te l'ho pur detto le cento volte; non esiste la donna sola; ma solo io conosco un uomo-donna vivente, vivente di quella ch'io soltanto chiamo vita.

Fa dunque, mia Emma, di serbarmi il mio posticino sui basalti muschioso dell'isola e alla spiaggia del mare e nel tuo canestro di fiori. E che l'aria imbalsamata di Madera ti accarezzi soavemente le chiome, e ti entri mollemente nel petto e ti risani e ti ritorni a me presto presto. Che sotto i tuoi piedi fioriscano i prati e sul tuo capo facciano cadere una pioggia di fiori anche gli alberi della foresta; che intorno a te Madera divenga un paradiso di armonia, di profumi e di dolcezza e che in quel paradiso tu abbia a serbare un posticino per il tuo William.

 

 




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