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Paolo Mantegazza
Un giorno a Madera

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  • RICORDI A MIA FIGLIA EMMA
      • 1 - William a Emma - Londra, 3 luglio 18...
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1 - William a Emma - Londra, 3 luglio 18...

 

Con quanta gioia, gettando uno sguardo sulle nostre lettere vedo che un lungo abisso di giorni separa l'ultima che scrivevi nel paradiso di San Terenzo da questa che, a pochi minuti di distanza dalla tua casa, ti scrivo sotto il cielo bigio di Londra. Tu, mio tiranno, mi hai imposto otto giorni d'esilio, e il tuo schiavo, baciando umilmente la mano del suo padrone, ha accettato l'esilio. M'hai detto, sorridendo, e dandomi una ceffatina, ch'io ti vedevo troppo spesso, che passava le frontiere che devono separarci, che il fratello diventava troppo simile ad un amante; ed io subisco la pena del mio contrabbando. Non mi lamento, Emma; farò di diventar proprio un fratello, null'altro che un fratello per te.

È un mestiere molto difficile e che non ho mai imparato, perché io fui sempre solo nella mia famiglia, ma con una maestra così paziente e così calma come miss Emma, farò dei progressi e diventerò maestro anch'io nell'arte di fare il fratello colla donna che si ama sopra ogni cosa in questo mondo. Ma no, ma no: non ho il diritto di lamentarmi, né di nascondere il mio dolore sotto una vernice di ironia maligna. Non mi hai tu concesso di sperare, non ti sei tu decisa per amor mio a consultare tre dei medici più famosi di Londra per sapere se, facendoti robusta, non avresti potuto divenir madre senza paura e senza offendere la memoria di tuo padre? E avrei io il diritto di accusarti, perché più forte e più buona di me, tu mi riconduci con un tuo sguardo dolce e imperioso sulla via del dovere?

Emma, Emma, io mi sento così piccola cosa, quando ti son vicino, che tu potresti far di me quel che vuoi. Ho il dovere di obbedirti per tutta la vita, perché una volta sola tu mi hai permesso di comandarti: e piangendo sulla tomba di tuo padre, hai domandato alla sua ombra di scioglierti dalla tirannia d'un giuramento che ti incatenava per tutta la vita.

Quando penso, mia Emma, alle lunghe lotte sofferte da te a San Terenzo e qui a Londra, mi sento superbo di amarti. L'amore e il dovere si facevano così aspra guerra ch'io non saprei dirti se più ti amassi, quando, piangendo, mi dicevi:

- Mio padre ci perdonerà, nevvero? - o quando, rizzandoti improvvisamente, esclamavi:

- William, il nostro amore sarebbe troppo bassa cosa, se il dovere non lo sapesse vincere!

E tu sei venuta qui a Londra a consultare l'ombra di tuo padre e per bocca del vecchio dottor Thom, ti ha risposto che se la Emma fragile e tossicolosa d'una volta avesse a divenire una donna forte e robusta, questa potrebbe senza recar dolore ad anima viva dar la mano di sposa a William. Tuo padre, ti ha detto il dottor Thom, ti benedirebbe due volte se potesse saperti felice e fedele allo spirito della sua parola.

Guai se l'uomo non avesse le dighe del dovere, se non avesse ad appoggiare la sua fede, la sua convinzione, la sua vita sopra la pietra angolare di principii che non si discutono! Guai a noi se l'uomo dovesse a volta a volta portare sulle bilancie le passioni, la ragione, i giuramenti eterni e le transazioni di coscienza per decidersi sul da farsi!

Sarebbe lo stesso che perdere la propria dignità e vivere tutta la vita nell'altalena nauseosa del mal di mare. Tu me l'hai detto cento volte, Emma, e tu mi hai convinto. L'uomo deve piegare il capo dinanzi al dovere; ma quando la nostra fragile natura sta per infrangersi contro quella colonna che non crolla, gettatavi dall'onda burrascosa della vita, allora è permesso domandare soccorso; e mai alcuno ebbe il coraggio di chiamare vile il naufrago che domanda un aiuto. E noi abbiamo chiesto una tavola di salvezza al dottor Thom, e ce la porse e ci ha fatto felici; perché in un cielo, dove da lungo tempo non si vedeva che il nero dell'uragano, ci ha squarciato le nubi e ci ha mostrato un lembo azzurro di cielo. A noi due, poveri naufraghi nel mar della vita, il dottor Thom ha gettato la corda della speranza, e vi stiamo avvinti colla feroce tenacità del moribondo, che vede la spiaggia ridente a poche braccia di distanza, eppure non la tocca ancora. Emma, mia Emma, il mio amore per te è grande come il mondo; in esso vedo un'immagine dell'infinito; ma io non vorrei esser tuo col sacrificio del tuo dovere, colla violazione d'un giuramento.

Se io avessi amato un'altra donna, il mio egoismo avrebbe infranto ogni cosa, avrebbe violate le porte del santuario, ma dinanzi a te, Emma, io chino il capo e attendo. Tu mi hai portato in una sfera troppo elevata, perché io possa separare l'amore dal dovere; e se tu dovessi, dandomi il tuo amore, togliermi la tua stima, io ti direi: Emma, senza il tuo amore io morirò, ma voglio morire colla tua stima. Quando il mio sguardo ti cerca cogli occhi della mente e mi appari dinanzi serena e bella come un cielo stellato, io senza volerlo mi figuro sempre prostrato ai tuoi piedi, perché mi stai tanto lontano e tanto in alto. Se gli angeli vi sono e se gli angeli si amano, devono amarsi com'io ti amo, mia Emma.

Tu puoi star sicura che consultando i primi medici dell'Inghilterra, e fin d'ora dichiarandoti disposta a piegare il capo alla loro sentenza, tu interpreti il pensiero di tuo padre. Egli di certo non poteva volerti infelice, no: soltanto voleva che tu non avessi a fare altri infelici. Dinanzi alla parola del dottor Thom la coscienza più timorata può tenersi calma e sicura. Egli è stato il primo amico, il primo confidente di tuo padre; egli ha conosciuto ogni suo pensiero, egli ha letto profondamente in quell'anima nobilissima e così crudelmente straziata. Egli ha accettato la missione di illuminarti colla sua scienza, di correggerti colla sua larga e sicura esperienza.

Quand'egli ti parla, è la voce di tuo padre che ti accarezza l'orecchio; quando egli ti comanda, me l'hai detto tu stessa, è l'accento autorevole del padre che ti convince e ti piega. S'egli ti ha detto: Emma, guarisci e spera, questo raggio di speranza ti vien da tuo padre, e noi lo abbiamo ad accogliere colla più santa riverenza, colla gioia più tranquilla.

Emma, consola il mio esilio di questi giorni, con lunghe lettere; dà al prigioniero una mezz'ora di luce e d'aria; fa ch'egli possa attendere la sua sentenza senza morire.

 

 




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