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ANG. Si può venire?
COST. È padrona la signor'Angiola. (s'alza, e fa lo stesso Isabella)
ANG. Stiano comode, stiano comode. Proseguiscano le faccende loro, ch'io non intendo d'incomodarle.
COST. Niente, signora. Lisetta. (chiama)
COST. Una sedia alla signor'Angiola. Tieni questa calza.
ANG. Seguiti a far la sua calza; non si stia per me ad incomodare.
COST. Non ho più voglia davvero; ho piacere di starmi un poco a godere la compagnia della signor'Angiola.
ISAB. Seguiterò a dipanare io, se mi dà licenza.
ANG. Sì, cara, fate pure. Bella consolazione aver di queste figliuole! (a Costanza)
COST. Bisogna ch'io le faccia questa giustizia a Isabellina, non è cattiva ragazza.
ANG. Ma! la pace in casa è un gran bene. Io non l'ho questo bene, povera me!
COST. Ha qualche cosa che la disturba?
ANG. Sono venuta a posta da lei per consiglio, per aiuto, e per isfogare un poco le mie passioni.
ANG. Oh niente, può sentir ella pure.
COST. Che cosa ha ella che la disturba, signora?
ANG. Ho un marito pessimo, inquieto, pieno di vizi, di mal animo, che mi riduce agli estremi.
COST. Non si faccia sentire a parlar così del marito. (guarda un poco Isabella)
ANG. Già tutto il vicinato sa il suo modo di vivere. Da pochi giorni in qua ha una certa pratica d'una donna...
COST. Isabella, andate a dipanare in quell'altra camera.
ISAB. Sì signora, (s'alza) con sua licenza. (ad Angiola) (Quasi quasi aveva curiosità di sentire, ma la signora madre comanda). (da sé, e parte)
COST. Portatele l'arcolaio. (a Lisetta)
LIS. Sì, signora. (Ne vuole avere un pesto ora la mia padrona). (da sé; prende l'arcolaio, e parte)