Carlo Goldoni
La buona famiglia

ATTO SECONDO

SCENA SETTIMA

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SCENA SETTIMA

 

Isabella, Franceschino e detto.

 

ISAB. Eccoci, siam belli e lesti.

ANS. Cecchino, mi vuoi tu dire la canzona della colezione?

FRANC. Signor sì; anche l'Isabellina.

ISAB. La dirò anch'io, che la so dir bene.

ANS. Datemi da sedere, che la vo' godere agiato.

FRANC. Ecco, signore. (gli la sedia)

ANS. Via, dite su, carini. (Non darei questo divertimento per un operone di quelli del tempo mio). (da sé)

ISAB. Madre mia, la colezione.

FRANC. Figlia mia, che t'ho da dare?

ISAB. Lascio a voi l'elezione,

Ché non tocca il domandare,

Mi sovvien che mi diceste,

Alle giovani modeste.

FRANC. Egli è ver che non si chiede,

Vuol così l'obbedienza;

Ma la madre ti concede

Un'amplissima licenza;

Perché stata sei bonina,

Domandar questa mattina.

ISAB. Grazie, grazie, madre mia.

Chiederò. Che cosa mai?

Una cosa che non sia

Fra le cose che pigliai.

Oh davver, che l'ho trovata:

Piglierei la cioccolata.

FRANC. Son pei vecchi cose valide

La cannella e la vainiglia;

Ma son droghe troppo calide

Pel bisogno di una figlia;

Di soverchio è butirroso

Il caccao sostanzioso.

ISAB. Del dolcissimo sapore

Compiacere, è ver, mi soglio;

Ma se genera calore

N'ho abbastanza, e non la voglio.

Meglio dunque fia per me

Una tazza di caffè.

FRANC. Acqua nera, polve amara

Di nerissimi carboni,

Che da noi si compra cara,

Per destar le convulsioni;

Fa vegliar, fa tristo effetto

A chi sola dorme in letto.

ISAB. Col caffè non faccio tresca,

Che dormir non voglio a stento;

Convulsioni non mi accresca,

Che pur troppo me le sento:

E la notte si combatte.

Prenderò piuttosto il latte.

FRANC. È indigesto il latte ancora,

E s'accaglia nel ventricolo

Chi del latte s'innamora,

Può incontrar qualche pericolo.

Qualche volta è medicina;

Ma talor non s'indovina.

ISAB. Vada dunque il latte in bando,

Che arrischiarsi non conviene;

Beverollo allora quando

Sarò certa di far bene.

Prenderò, mamma mia bella,

Qualche colla ciambella.

FRANC. Sia lo svizzero, o l'indiano,

Sia di foglia, o sia di fiore,

Sia il moderno veneziano,

Che degli altri è migliore,

Sarà sempre tal bevanda

D'acqua calda una lavanda.

ISAB. Se mi par d'esser in caso

Di lavarmi le budella,

La mattina in fresco vaso

Bevo l'acqua pura e bella.

Meglio dunque sarà il dono

D'una zuppa nel vin buono.

FRANC. Oscurar suole la mente,

Figlia cara, il vino puro:

E dal volgo dir si sente,

Che han le donne il cervel duro,

Preparar ti vo' tal cosa,

Che fia sana e fia gustosa.

ISAB. Lasciam star, non vo' col vino

Che il cervel sen voli via;

Ché pur troppo per destino

Siam soggetti alla pazzia.

Se ogni cosa è a me importuna,

Mamma mia, starò digiuna.

FRANC. Poverina, l'amor mio

Digiunar non ti farà;

Quanto possa so ancor io

L'appetito in quell'età.

Preparar ti vo' tal cosa,

Che fia sana e fia gustosa.

ISAB. Giubilar mi sento il core.

La promessa mi consola;

Già gustar parmi il sapore

So che siete di parola.

A una madre amor consiglia

Il bisogno della figlia.

FRANC. Per vederti più grassetta,

Ritondetta e più bellina,

Figlia mia, figlia diletta,

Vo' recarti ogni mattina...

ISAB. Presto, presto, ch'io vi godo

FRANC. Una zuppa nel buon brodo.

ISAB. Sarà buona, ma per poco:

Io credea di meglio assai;

E mi sento un certo fuoco...

Ma parlar non soglio mai.

Sta alla vostra discrezione

Migliorar la colazione.

FRANC. Così disse a mamma cara

La figliuola rispettosa;

E la mamma le prepara

Colazion più saporosa.

ISAB. Più gradita al suo desio,

Colazion che bramo anch'io.

FRANC. È finita. (ad Anselmo)

ISAB. Che ne dite, non è bellina? (ad Anselmo)

ANS. Chi ve l'ha data questa canzona? (a Franceschino)

FRANC. Uno scolare che va alla scuola dove vado io.

ANS. L'hanno sentita vostro signor padre, vostra signora madre?

FRANC. Non ancora.

ISAB. La vogliamo dire dopo desinare.

ANS. Fate a modo mio, figliuoli: non la fate loro sentire. Non istà bene che voi altri ragazzi vi facciate lecito di domandare cioccolata, caffè e altre cose che si contengono nella canzona. Se mi volete bene, voglio che mi facciate un piacere.

FRANC. Comandi, signor nonno.

ANS. E anche da voi lo voglio. (ad Isabellina)

ISAB. Capperi! comandi pure.

ANS. Non voglio che mai più la diciate a memoria, né piano, né forte, né in compagnia, né da voi altri soli; e se volete esercitar la memoria, e imparar dei versi, ve ne darò io dei più belli. Questi sono scritti male, vi faran poco onore. Ve ne darò io de' più belli assai. Me lo farete questo piacere?

FRANC. Volentieri, signore. Ecco qui la carta; ne faccia quello che vuole; io le prometto di non recitarli mai più.

ISAB. Anch'io farò lo stesso. Non mi ricorderò nemmeno d'averli veduti. Ma ci ha promesso di darcene di più belli.

ANS. Sì, ve li darò; non dubitate.

FRANC. Anderò, se si contenta, a terminare la mia lezione.

ANS. Sì, figliuolo, andate, che il cielo vi benedica.

FRANC. Avremo dei versi belli. Oh che gusto, Isabellina!

ISAB. Questi non si dicono più.

FRANC. Oh, mai più. (parte)

ISAB. Me li darà a me il signor nonno?

ANS. Sì, a tutti due.

ISAB. Vado a dirlo alla signora madre.

ANS. Non ci andate ancora dalla signora madre; aspettate ch'ella vi chiami.

ISAB. Anderò da Lisetta, dunque.

ANS. Sì, andate da Lisetta.

ISAB. Se me li stassera i versi, dimani glieli so dire (parte)

ANS. Che bella docilità! Cielo, ti ringrazio. Ma questi compagni alla scuola... Voglio andare or ora per l'appunto dal maestro suo, a dirgli che vi badi un poco. Se uno scolare gli ha dato la canzona con innocenza, un altro gliela può spiegar con malizia. Sempre pericoli in questo mondo, sempre pericoli. (parte)

 

 

 


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