Carlo Goldoni
La buona famiglia

ATTO TERZO

SCENA QUINTA

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SCENA QUINTA

 

Raimondo e Lisetta

 

LIS. Sì signore quel che e vostro, è vostro. Qui non si gabba nessuno.

RAIM. Di che cosa v'intendete voi di parlare?

LIS. Dei pendenti, dell'anello e dei cento scudi.

RAIM. Vi ha ella dunque confidato il segreto?

LIS. Oh signor no; non mi ha detto niente.

RAIM. Come lo sapete dunque?

LIS. Mi hanno comandato di ritirarmi, non mi hanno proibito di stare a sentire.

RAIM. Ecco qui la mia riputazione in pericolo.

LIS. Per quel che so io, eh? Felice voi, se non si sapesse di peggio. Bisogna sentire quel che dicesi di voi e di vostra moglie dal vicinato.

RAIM. Come! che cosa si può dire di noi?

LIS. Orsù, in questa casa comandano che non si dica male di nessuno, ed io li voglio obbedire; e non vogliono nemmeno che siamo curiosi de' fatti d'altri, e non ne voglio saper di più. (parte)

RAIM. Mi hanno piantato qui arrossito e mortificato. Sperava con questa donna, che ha de' denari, insinuarmi con buona grazia per averla amica ne' miei bisogni; ma è selvatica al maggior segno. Spiacemi dei pendenti, spiacemi dell'anello; in qualche maniera converrà certo ricuperarli; se mia moglie li ha impegnati per cento, posso ricavarne dugento (parte)

 

 

 


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