Carlo Goldoni
La buona famiglia

ATTO TERZO

SCENA QUATTORDICESIMA

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SCENA QUATTORDICESIMA

 

Anselmo e Costanza

 

ANS. Fatemi il piacere, consegnate a me quei pendenti e quell'anello che vi ha dato la signor'Angiola.

COST. Subito, signore, li vado a prendere. Voleva darli a mio marito, e non li ha voluti.

ANS. Recateli a me, e non pensate altro.

COST. (Va a prender le gioje)

ANS. Ma! gli animi delicati si conturbano per poco. L'irascibile è un appetito che, o molto o poco, da tutti gli uomini si fa sentire. Mi ricordo ancora aver letto che undici sono le passioni che si attribuiscono all'anima: sei appartenenti alla parte concupiscibile, e cinque all'irascibile, le quali sono... se la memoria non mi tradisce, la collera, l'ardire, il timore, la speranza, la disperazione. E quelle della concupiscibile quali sono? Mi pare... sì, queste sono: il piacere, il dolore, il desiderio, l'avversione, l'amore e l'odio. Grazie al cielo, in quest'età posso gloriarmi della mia memoria; e che cosa mi ha condotto ad una buona vecchiaia? Il non dar retta a questi appetiti; lo studio di moderare queste tali passioni; poca irascibile, e quasi niente, quasi niente di concupiscibile.

COST. Ecco le gioje, signore.

ANS. Non dubitate, che l'animo mi dice che tutto anderà bene, e che con vostro marito tornerete ad essere quella che foste il primo che vi prese.

COST. Sarebbe poco, se non ci amassimo per l'avvenire se non coll'amore del primo giorno. Noi allora appena ci conoscevamo, e l'amor nostro era più una virtuosa obbedienza, che una tenera inclinazione. Andò crescendo l'affetto nostro di giorno in giorno. Conoscendoci bene, ci credemmo degni d'amore, e questi era giunto al sommo della contentezza. Ma il cielo non vuol felici in terra; e quando le cose umane sono giunte all'estremo del male o del bene, vuole il destino che si rallentino, forse perché il cuor nostro non è capace di più, e non ha forza per trattenere fra i limiti il corso delle sue passioni.

ANS. Nuora mia carissima, voi parlate assai saggiamente, e pare impossibile che con tali princìpi possiate poi lasciarvi abbattere sino a tal segno.

COST. Tutto soffrirò, signore, ma non la disistima di mio marito. Ch'ei mi rimproveri d'avere arbitrato dei cento scudi, d'avermi arrogato la libertà di fare un'opera, creduta buona, senza il di lui consiglio, gli do ragione, mi pento d'averlo fatto, e non cesserò mai di domandargli perdono; ma che l'aver io ad onesto fine ricevuta nella mia camera la visita d'un uomo, possa farlo sospettare della delicatezza dell'onor mio, è un'offesa grandissima ch'egli mi fa, è un torto che fa a se medesimo, dopo l'essersi chiamato per tanti anni della mia compagnia contentissimo; ed è un sospetto di tal conseguenza, che terrà lui sempre inquieto, e produrrà nell'animo mio la più dolorosa disperazione.

ANS. No, signora Costanza, non dite così, che così non ha da essere, e così non sarà. Mio figlio potrebbe dire lo stesso di voi, che avete sospettato della sua buona fede, per aver egli ricevuto nella sua camera quella donna. Vi siete ambidue innanzi di me chiariti. L'ha egli ricevuta per civiltà, l'avete fatto voi per una spezie di convenienza. Anzi, per dirvela qui fra voi e me che nessuno ci sente, dal discorso vostro sincero e leale si raccoglie che voi vi siete lasciata persuadere a ricevere il signor Raimondo per un poco di curiosità, prevenuta da un falso sospetto che la di lui moglie vi dovesse dar ombra; e voi per questa parte, scusatemi, siete stata la prima ad offendere il caro vostro marito, che non è capace, no, di scordarsi di voi, del dover suo, della sua coscienza, per le frascherie del mondo. Orsù, tutto dee essere terminato. Voi avete depositato nelle mie mani le gioje. Farà lo stesso Fabrizio, che mi ha promesso di farlo, e qui me le recherà egli medesimo... Eccolo, che lo vedo venire. Rasserenatevi nuora, rasserenatevi per carità.

COST. Signore, che mi si tolga la vita, ma non l'amore di mio marito. (piangendo)

ANS. Via, per amore del cielo, non vi fate scorgere; non date ombra ai vostri figliuoli.

COST. Non mi ricordo d'aver figliuoli ora; mi preme dell'amore di mio marito.

ANS. (Oh amor coniugale, sei pur invidiabile, quando sei di quel buono!) (da sé)

 

 

 


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