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BEAT. Hai qualche altra impertinenza da dirmi?
BRIGH. Ghe xe do che voria farghe una visita.
BEAT. E chi sono?
BRIGH. Uno xe el sior Pasqualin, e l’altro el xe quel Lelio, fio de missier Menego Cainello.
BEAT. Falli un poco aspettare, e poi li riceverò.
BRIGH. Perché mo li vorla far aspettar?
BEAT. Perché non voglio riceverli, se prima non mi fanno anticamera.
BRIGH. Chi gh’averzirà la portiera?
BRIGH. Mi vado a comprar le do lirette de carne de manzo. Ghe dirò, se i vol vegnir, che i vegna, e se no i vol vegnir, che i vaga.
BRIGH. Oh quanta spuzza! E sì no la magna tropo. (parte)
BEAT. Costui mi vuole tirar a cimento.
OTT. Se l’ho detto io. Il servitor del signor Orazio.
BEAT. Sa tutti i fatti nostri, e per questo si prende tanta libertà.
OTT. Così è; quando i padroni non ne hanno, i servitori li burlano.
BEAT. Se non ne abbiamo, ne abbiamo avuto.
OTT. Vi è una gran differenza dal passato al presente.
OTT. Oh, qui sta il punto. Sentite, signora marchesa, vi è Pasqualino che ha del denaro. Vi consiglio farvelo amico.
BEAT. Ha del denaro? Facciamolo passare.
OTT. Se avessi del denaro, gli taglierei.
BEAT. Egli è piuttosto semplice, ma quel Lelio è accorto, non lo lascierà giocare.
OTT. Vado a dir loro quattro buone parole, e ve li mando. Trattateli dolcemente. Queste genti basse si gonfiano, quando si vedono trattati da pari nostri.
BEAT. Sì, ma Lelio si prende troppa confidenza.
OTT. Quando si ha bisogno, conviene soffrir qualche cosa. Ve lo dico che nessuno ci sente. È un brutto impegno sostenere la nobiltà in camera, quando le cose vanno male in cucina. (parte)