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OTT. Chiamatemi il maestro di casa.
BRIGH. Illustrissimo, gh’è una novità.
BRIGH. El maestro de casa no se trova.
BRIGH. In camera nol gh’è, e no gh’è più né i so bauli, né gnente della so roba. El s’ha cercà per mezzo Napoli, e nol se trova.
OTT. Ha portato via qualche cosa?
BRIGH. Per quanto el credenzier, el cogo e mi abbiemo fatto diligenza, no podemo dir che manca gnente.
OTT. Perché dunque credete voi se ne sia andato, dopo otto giorni ch’egli era al mio servizio?
BRIGH. Mi, lustrissimo, ghe dirò el perché. Perché l’ha ordenà al sior segretario de revederghe i conti della settimana.
OTT. Ma io costumo così. Ogni settimana fo i conti al maestro di casa.
BRIGH. E lu, che sta cossa no ghe comodava, el se l’è sbignada2.
OTT. Ho piacere che se ne sia andato. Mi avrà portato via qualche zecchino, ma non importa. Se io era uno di quelli che fanno i conti una volta al mese, mi avrebbe portato via molto più. Mi converrà provvederne un altro. Ma frattanto chi supplirà alle di lui veci?
BRIGH. Vusustrissima cognosse i so servitori. La sa de tutti l’abilità, la sa de chi la se pol fidar, onde no la pol fallar.
CAM. Illustrissimo; io ho servito tre anni per maestro di casa.
CAM. In una città che si chiama Vipacco.
OTT. Vipacco? Dov’è questo Vipacco?
CAM. Nel principio della Germania, fra il Friuli tedesco e la Stiria.
OTT. Io ho viaggiato quasi tutta l’Europa, e non mi sovviene questa città. Parmi aver sentito dire, che Vipacco sia una piccola villa.
CAM. Oh illustrissimo no; è una città. (L’ho detta, bisogna sostenerla). (da sé)
OTT. Bene, sarà. Chiamatemi il bibliotecario. (a Brighella)