Carlo Goldoni
Il burbero benefico

ATTO SECONDO

Scena Prima. Geronte e Dorval

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ATTO SECONDO

 

Scena Prima. Geronte e Dorval

 

Geronte: Andiamo a giocare, e non me ne parlate più.

Dorval: Ma si tratta di un nipote...

Geronte: (vivamente) Di uno sciocco, d'un vigliacco ch'è lo schiavo di sua moglie, e la vittima della sua vanità.

Dorval: Meno collera, mio caro amico, meno collera.

Geronte: Eh, voi con la vostra flemma mi fareste arrabbiare.

Dorval: Io parlo per bene.

Geronte: Prendete una sedia. (Siede)

Dorval: (d'un tuono compassionevole, mentre accosta la sedia) Povero giovane!

Geronte: Vediamo, questo punto di jeri.

Dorval: (sempre con lo stesso tuono) Voi lo perderete.

Geronte: Forse che no; vediamo.

Dorval: Vi dico che lo perderete.

Geronte: No, ne sono sicuro.

Dorval: Se voi non lo soccorrerete, lo perderete assolutamente.

Geronte: Chi?

Dorval: Vostro nipote.

Geronte: (con ardore) Eh, ch'io parlo del giuoco. Sedete.

Dorval: Io giuocherò volentieri: ma prima, ascoltatemi. (sedendo)

Geronte: Mi parlerete tuttavia di Dalancour?

Dorval: Potrebbe essere.

Geronte: Non vi ascolto.

Dorval: Dunque voi l'odiate?

Geronte: No, signore. Io non odio nessuno.

Dorval: Ma se non volete...

Geronte: Finitela; giuocate. Giuochiamo, o ch'io me ne vo.

Dorval: Una parola sola, ed ho finito.

Geronte: Che pazienza!

Dorval: Voi avete delle facoltà.

Geronte: Sì, grazie al Cielo!

Dorval: Più del vostro bisogno.

Geronte: Sì; ne ho ancora per servire i miei amici.

Dorval: E non volete dar nulla a vostro nipote?

Geronte: Neppure un quattrino.

Dorval: In conseguenza ...

Geronte: In conseguenza? ....

Dorval: Voi l'odiate.

Geronte: In conseguenza voi non sapete ciò che vi dite. Io odio, detesto la sua maniera di pensare, la sua cattiva condotta. Il dargli del danaro non servirebbe che a fomentare la sua vanità, la sua prodigalità, le sue follie. Ch'egli cangi sistema, ed io lo cangerò parimente con lui. Io voglio che il pentimento meriti il benefizio, e non che il benefizio impedisca il pentimento.

Dorval: (dopo un momento di silenzio, sembra convinto, e dice con molta dolcezza) Giuochiamo, giuochiamo.

Geronte: Giuochiamo..

Dorval: (giuocando) Io ne sono afflitto.

Geronte: (giuocando) Scacco al re.

Dorval: (giuocando) E quella povera ragazza!

Geronte: Chi?

Dorval: Angelica.

Geronte: Ah! per lei!... Questa è un'altra cosa... (lascia il giuoco) Parlatemi di lei.

Dorval: Ella dee ben soffrire frattanto.

Geronte: Ci ho pensato, ci ho provveduto. La mariterò.

Dorval: Bravissimo! Lo merita bene.

Geronte: Non è una giovanetta di molta buona grazia?

Dorval: Sì.

Geronte: Fortunato quello che l'avrà! (riflette un momento, indi chiama) Dorval?

Dorval: Amico?

Geronte: Udite.

Dorval: Che C'è?

Geronte: Voi siete mio amico?

Dorval: Ne dubitate?

Geronte: Se la volete, io ve l'accordo.

Dorval: Chi?

Geronte: Sì, mia nipote.

Dorval: Come?

Geronte: Come! come! siete sordo? Non m'intendete? (vivamente) Io parlo chiara. Se la volete, ve l'accordo.

Dorval: Ah! ah!

Geronte: E se la sposate, oltre la sua dote, le donerà cento mila lire del mio. Eh?... Che ne dite?...

Dorval: Mio caro amico, voi mi onorate.

Geronte: So chi siete. Sono sicuro di formare in questa guisa la felicità di mia nipote.

Dorval: Ma...

Geronte: Che?

Dorval: Suo fratello...

Geronte: Suo fratello! Suo fratello non c'entra... A me tocca a disporre di lei; la legge, il testamento di mio fratello... Io ne sono il padrone. Orsù, sbrigatevi, decidete sul fatto.

Dorval: Ciò che mi proponete, non è cosa da risolversi su due piedi. Voi siete troppo impetuoso.

Geronte: Io non ci veggo alcuna difficoltà. Se l'amate, se la stimate, se ella vi conviene, è fatto tutto.

Dorval: Ma...

Geronte: (disgustato) Ma, ma!... Udiamo il vostro ma.

Dorval: Vi par poco la sproporzione da sedici a quarantacinque anni?

Geronte: Niente affatto. Voi siete ancora giovane, ed io conosco Angelica; non è una testa sventata.

Dorval: Ella potrebbe avere qualche altra inclinazione.

Geronte: Non ne ha alcuna.

Dorval: Ne siete ben sicuro?

Geronte: Sicurissimo. Presto, concludiamo. Io vado a casa del mio notaro, gli fo stendere il contratto. Ella è vostra.

Dorval: Adagio, mio amico, adagio.

Geronte: Ebbene? (riscaldato) Come! volete ancora inquietarmi, tormentarmi, annojarmi con la vostra lentezza, col vostro sangue freddo?

Dorval: Dunque vorreste?...

Geronte: Sì, darvi una figlia saggia, onesta, virtuosa, con cento mila scudi di dote, e cento mila lire di regalo alle sue nozze. Forse vi fo un affronto?

Dorval: No; anzi mi fate un onore, che non merito.

Geronte: (con ardore) La vostra modestia in questo momento mi farebbe dare al diavolo.

Dorval: Non vi adirate. Volete ch'io l'accetti?

Geronte: Sì.

Dorval: Ebbene, io l'accetto...

Geronte: (con gioia) Davvero?

Dorval: Ma a condizione...

Geronte: Di che?

Dorval: Che Angelica v'acconsenta.

Geronte: Non avete altra difficoltà?

Dorval: Questa sola.

Geronte: Voi mi consolate, io m'impegno per lei.

Dorval: Tanto meglio, se ciò è vero.

Geronte: Verissimo, sicurissimo. Abbracciatemi, mio caro nipote.

Dorval: Abbracciamoci pure, mio caro zio.

 


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