Carlo Goldoni
Il cavaliere giocondo

ATTO TERZO

SCENA OTTAVA

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SCENA OTTAVA

 

Il Marchese, donna Marianna, poi Gianfranco.

 

MAR.

Che mai vorrà?

MARC.

Vedremo.

MAR.

Mi presagisce il cuore

Qualche novella trista.

MARC.

Questo è un vano timore.

GIAN.

Riverente m'inchino.

MARC.

Oh signor, vi saluto.

MAR.

Lo conoscete voi?

MARC.

Più volte l'ho veduto:

In Roma ed in Venezia, a Napoli, a Turino.

Egli, donna Marianna, è un perfetto indovino.

GIAN.

Bontà vostra, signore; son uno a cui ha dato

Qualche talento il cielo, qualche buon lume il fato.

L'astrologia ch'io vanto, pochissimo è fondata,

Ma l'ho nell'alma impressa con una forza innata.

Spigner talor mi sento a dir, non so da chi;

Non so perché m'intesi a strascinar fin qui.

Perdono vi domando all'umile mio zelo;

Credo che qualche cosa voglia svelarvi il cielo.

MAR.

(Che sia qualche impostore?) (piano al Marchese.)

MARC.

(Esser potrebbe tale.

Sentiam che sappia dire. Sentirlo non è male). (piano a donna Marianna.)

MAR.

Ben, che vi pare, amico, di me poter predire?

GIAN.

Favorite la mano. Lasciatevi servire.

MAR.

(Gliela do?) (al Marchese.)

MARC.

Si può farlo.

MAR.

Ecco la mano, amico.

GIAN.

Prima dico il passato, poi l'avvenir predico.

Con poca buona voglia vi siete maritata.

Con poco dispiacere poi vedova restata.

Vecchio il primo consorte passato all'altro mondo,

Vi fa desiderare più giovane il secondo;

E mostra questo segno, dei critici nel ruolo,

Che voi non lo trovate per causa del figliuolo.

MAR.

È uno stregon costui.

MARC.

Certo; fa maraviglia.

GIAN.

Lasciate, mia signora, vi guardi fra le ciglia.

Vuò parlarvi in segreto.

MAR.

Marchese con licenza.

MARC.

Fate, fate, signora. (Si porta in eccellenza). (da sé.)

GIAN.

Siete amorosa: è vero? all'imeneo inclinata. (donna Marianna fa cenno col capo due volte di sì.)

Ma nelle cose vostre siete un poco ostinata.

È vero? Confessate. So tutto, e non bisogna

Dell'astrologo in faccia negare per vergogna.

È vero?

MAR.

Sì, tacete. Ehi, chi è di ?

NAR.

Signora.

MAR.

Venga qui Rinaldino. (Nardo parte.)

GIAN.

Non ho finito ancora.

Voi siete innamorata del vostro unico figlio;

Ma questo vi minaccia, signora, un gran periglio.

Temo che l'amor vostro non l'abbia a rovinare,

E ch'ei vi maledica.

(Ohimè! mi fa tremare). (da sé.)

MARC.

Va ben, donna Marianna?

MAR.

Bene bene. Seguite.

GIAN.

Vedo che voi avrete per lui una gran lite;

Perché gettando in viaggi i capitali sui...

MAR.

Ecco qui mio figliuolo. Strologate un po' lui.

 

 

 


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