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Argentina, Brighella, Clarice; poi Florindo.
CLAR. Chi è l'autore di questa commedia?
ARG. Non lo so nemmeno io, signora.
CLAR. Se lo conoscessi, gli vorrei insegnare a scrivere un poco meglio.
ARG. Tocca a lei, signor Florindo. (verso la scena)
FLOR. Eccomi qui. Madama, ecco un adoratore della vostra bellezza. (recita con isgarbo e caricatura)
CLAR. Voi mi adulate. So di non esserlo certamente. (si scuote fra se medesima)
FLOR. Permettetemi, che in segno di venerazione e di rispetto vi baci umilmente la mano. (Mi vengono i dolori colici). (da sé)
CLAR. Io non merito queste grazie. Non lo voglio assolutamente. (gli dà la mano)
ARG. Oh bella! La parte dice che non volete, e poi gli date la mano.
CLAR. La parte è una scioccheria.
FLOR. Disponete di me. Comandatemi. Soffrirò per voi ogni pena, ogni tormento, e la morte istessa. (ride fra sé)
FLOR. Sì, vi amo. Ma non mi lascierei nemmeno pungere un dito.
ARG. Eh signori, la parte non dice così.
FLOR. Questi sono quei discorsetti, che fanno i comici sottovoce.
ARG. Tiriamo innanzi la scena.
CLAR. Se voi aspirate a volermi, vi giuro che mi sottometterò a qualunque legge per compiacervi. Fuori che a quella di vivere da villana.
FLOR. Ah madama, i vostri begli occhi... il brio che spira dalle vostre ciglia... il vezzo delle vostre purpuree labbra... Oimè! mi sento languire... mi sento ardere... Uh! che diavolo di roba è questa? (fa uno sgarbo a Clarice)
ARG. Tirate innanzi. (a Clarice)
CLAR. Voi siete adorabile. Siete il più gentile amante di questa terra. Il più dolce, il più amabile... il più asino che abbia veduto.
FLOR. Dice così la parte? (ad Argentina)
ARG. Non signore. È una cosetta che vi ha messo del suo. Concludiamo la scena.
FLOR. Sì, concludiamola. Mia cara...
FLOR. «Voi siete del mio cuor donna e sovrana.»
CLAR. «Siete di questo sen l'unico amore.»
FLOR. «Ma vuò far all'amore alla villana.»
CLAR. «Ma vi mando, stramando; e v'ho nel cuore.»