Carlo Goldoni
Il conte Caramella

ATTO PRIMO

SCENA TERZA   Dorina, poi la Contessa

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SCENA TERZA

 

Dorina, poi la Contessa

 

DOR.

Sì, sì, ti sposerò,

Se di meglio di te non troverò.

Per esserti fedele,

Dovrei lasciar di migliorar lo stato?

La mia mamma così non m’ha insegnato. (Viene la Contessa)

Oimè! Ah, siete voi? Deh compatite,

Tutto mi fa tremar. Sempre a me pare

Di veder il tamburo.

CONT.

Anch’io pavento

Allor quando lo sento, e non so come

Introdotto si sia

Questo spirto folletto in casa mia.

DOR.

Eh, non è già folletto.

CONT.

E che sarà?

DOR.

L’anima del padron ch’è morto in guerra.

CONT.

Ma io della sua morte

Non ho certa novella.

DOR.

Non lo credete? Oh bella!

L’hanno scritto gli Avvisi.

CONT.

I gazzettieri

Scrivono poche volte i fatti veri.

DOR.

E poi, secondo me,

Da dubitar non c’è. Qui in questa casa

Spiriti non abbiam sentiti mai

Se non dopo l’avviso di sua morte.

Egli era un guerrier forte,

Amante di tamburi e di trombette;

Onde adesso ch’egli è spirito puro,

Vi viene a salutar con il tamburo.

CONT.

Ma che vuole da me?

DOR.

Non l’intendete?

Con quel tarapatà dice così:

«Sposati, sposati, sposati sì».

CONT.

Taci, Dorina, tu mi tenti invano:

Son fedele al consorte,

E se della sua morte

Sicurezza maggiore io non ricevo,

Della destra e del cor dispor non devo.

 

Non mi parlar d’amore,

Non provocarmi a sdegno.

Sai del mio cor l’impegno;

Taci, mi tenti invan.

Non fia che nuovo ardore

Nascermi senta in seno,

Se i primi affetti appieno

Estinti non saran. (parte)

 

 

 


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