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Ottavio in abito succinto da campagna, e detti.
OTT. Che cosa fai qui? (ad Arlecchino, alterato)
ARL. La compatissa... alla so salute. (beve)
COR. Serva di vossustrissima. (ad Ottavio)
OTT. Buon giorno. (a Corallina) Animo, levati di lì. (ad Arlecchino)
ARL. Se la comanda anca ela? (ad Ottavio)
COR. Abbia la bontà di lasciarlo terminare la colazione.
OTT. Via di là, dico, ghiottone, villanaccio indiscreto. Hai tu bisogno d’andar a mangiare fuori di casa?
ARL. Coll’occasion che in casa no se magna...
OTT. Briccone, non mangi tu di quello che mangio anch’io?
OTT. Dunque di che ti lamenti?
ARL. Me lamento che magnemo poco tutti do.
OTT. Pezzo d’asino! un mio servitore tutto il giorno a mangiare qua e là per le case?
COR. In campagna è lecito. Vi vanno i padroni, possono andar anche i servitori...
OTT. I miei servitori non hanno bisogno del vostro pane.
COR. Fanno il bucato; viene un fumo che non si può soffrire.
OTT. Presto; va al mio palazzo a spazzar le camere. (ad Arlecchino)
OTT. Come?
OTT. Animo, non fare che ti dia delle bastonate.
ARL. Sentìu? bastonade, una delle tre piatanze. (a Corallina)
ARL. Sior padron, una parola in segreto, e vado via subito.
OTT. Che vuoi?
ARL. Sta mattina ho magnà ben. La polenta solita de casa la salveremo per doman. (piano ad Ottavio, e parte)