Carlo Goldoni
La castalda

ATTO PRIMO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Rosaura ed il suddetto.

 

ROS. Serva, signore zio.

PANT. Bondì sioria, nezza. Cossa feu? Steu ben? Ve conferiscela l’aria della campagna?

ROS. Meglio assai che quella della città. Qui almeno si respira un poco. Non si sta in una sepoltura, come star mi tocca in Venezia.

PANT. Certo, fia, disè la verità. A Venezia le putte civil, le putte savie che gh’ha bona educazion e bona regola in casa, le vive con una gran riserva, con una gran suggizion; ma po in campagna le tratta, le conversa, le gh’ha libertà. Mi per altro, compatime, sta cossa no la posso approvar; se a Venezia se custodisce le putte per zelo del so decoro, s’averia da far l’istesso anca in villa, dove ghe xe l’istesso pericolo e l’istesse occasion. V’ho menà fora anca stanno, perché gieri solita vegnirghe ogni anno colla bona memoria de Stefanello vostro pare e mio caro fradello; ma per altro, Rosaura cara, no son contento de sto modo de villeggiar. Vu una putta savia, una putta prudente, virtuosa e modesta, ma l’usanza cattiva, el cattivo esempio ve fa far delle cosse che no sta ben e son seguro che vu medesima le condannè nel tempo istesso che ve trovè impegnada de far cussì.

ROS. Signore, fatemi la finezza di dirmi quali sono quelle cose che vi dispiacciono, e che giudicate sieno da me fatte per ragion di cattivo esempio.

PANT. Lo savè quanto mi; ghavè giudizio che basta per distinguer el ben dal mal. Per esempio, a Venezia se sta in ritiro, e qua se va tutto el zorno a rondon. A Venezia, se vien omeni, se vien zoventù per casa, le putte no le se vede, e qua le xe le prime a ricever, a complimentar. rigor grando, e qua libertadazza: se zoga, se spassiza, se chiaccola, e qualche volta se se incantona, e qua nissun dise gnente, e par che la campagna permetta quel che la città proibisce; e pur credemelo, fia mia, tanto l’aria de città, quanto l’aria de villa, quando no se se regola, le produse le medesime malattie.

ROS. Caro signore zio, voi sapete ch’io sono schietta di cuore e schietta di labbro. Accordo tutto quello che dite. Vedo anch’io come va la faccenda, conosco benissimo ch’essendo io in casa con voi, senza altre donne del sangue, non ci sto bene; onde crederei ben fatto che vi liberaste voi dall’incomodo che vi reco, e liberaste me ancora dall’imbarazzo in cui sono.

PANT. Voleu tornar a Venezia?

ROS. E poi? Non vedo che questo sia provvedimento che basti.

PANT. Inclineressi andar in un ritiro?

ROS. Oh no, signore, non ci ho mai nemmeno pensato.

PANT. Ho capio. Ve marideressi, nevvero?

ROS. Bravo, signore zio. Alla terza ci avete colto.

PANT. Veramente ghe doveva chiappar alla prima.

ROS. Perdonatemi s’io vi parlo troppo liberamente. So che a me non converrebbe, ma l’occasione mi ha dato animo, e poi la campagna permette.

PANT. Sentì, fia mia, per maridarve no gh’ho gnente in contrario. La vostra dota xe pronta; in età discreta; ma me despiase solamente restar solo in casa, senza una persona dal cuor. Se fosse viva vostràmia, la mia cara muggier, v’averave maridà che saria un anno.

ROS. Caro signor zio, fate una cosa. Rimaritatevi ancora voi.

PANT. Eh via! Cossa diseu? Son troppo vecchio. (ridendo)

ROS. Siete ben tenuto, allegro, brillante. Ne trovereste di quelle poche, che vi prenderanno; io, se trovassi un vecchietto grazioso come siete voi, lo prenderei senza nessuna difficoltà.

PANT. Sì? Lo toressi?

ROS. Perché no?

PANT. Ve dirò: ghe xe sior Astolfo, omo de sessant’anni, ma ricco, civil e onorato. El xe mio amigo, so che el ve toria; vu lo toressi?

ROS. Signore... ho paura di no.

PANT. No diseu che toressi un vecchio?

ROS. L’ho detto, è vero. Ma...

PANT. Ma che?

ROS. Ma per dirvela, signore...

PANT. Toressi un zovene più volentiera.

ROS. Il signore zio è un uomo che legge nel cuore delle persone.

PANT. Trovarlo mo sto zovene.

ROS. Trovarlo?....

PANT. Sì, trovarlo. Bisogna aspettar che el capita.

ROS. Eh! capiterà.

PANT. Credeu che l’abbia da capitar presto?

ROS. Eh sì, signore, presto.

PANT. Saravelo fursi capità?

ROS. Potrebbe anch’essere.

PANT. Brava! Chi xelo, cara siora?

ROS. Spero non anderete in collera.

PANT. No, gnente affatto. Chi xelo?

ROS. Conoscete il signor Florindo?...

PANT. Lo cognosso.

ROS. Che vi pare di lui?

PANT. No ghe xe mal. Ma se poderia trovar meggio.

ROS. Non è forse un giovane proprio e civile? Non è da nostro pari?

PANT. Sì, xe vero; ma el gh’ha poche intrae, pochi bezzi; e questi al d’ancuo i xe quei che se stima.

ROS. È vero, signore; ma quando poi...

 

 

 


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