Carlo Goldoni
Il cavaliere di spirito

ATTO SECONDO

SCENA QUINTA   Donna Florida e il Conte

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SCENA QUINTA

 

Donna Florida e il Conte

 

CON.

Eccoci di ritorno, ecco ch'io vi rimetto

Qui, donde vi ho levata, con umile rispetto.

FLO.

Grazie, signor, vi rendo della pietosa cura,

Onde la bontà vostra me rallegrar procura.

CON.

Farlo di cuore intendo, ma vedo apertamente

Che, per quanto si faccia, con voi non si fa niente:

Ma affé, vi compatisco, vi manca quella cosa

Che più d'ogni altro spasso fa ridere una sposa.

FLO.

Credete voi ch'io sia vogliosa di marito?

CON.

Così mi par dagli occhi. Son franco, son perito

Nel conoscer le donne, che sono appassionate.

FLO.

Eppure questa volta, signor, voi v'ingannate.

CON.

Di dir siete padrona quel che vi pare e piace;

Ma credo quel che voglio anch'io con vostra pace.

Don Flavio lo conosco, è un giovane brillante,

Di docili maniere, di amabile sembiante.

Saputo ha innamorarvi, se fede a lui giuraste,

E certo, nell'amarlo, lontan non lo bramaste.

Che torni a voi dappresso voi sospirate il :

Se no dite col labbro, dicono gli occhi .

FLO.

Quel che ho nel cor, col labbro a dir voi mi udirete.

O gli occhi miei mentiscono, o voi non li intendete.

CON.

Dunque l'alfier lontano voi non amate più?

FLO.

Vi lascio indovinarlo, se avete tal virtù.

CON.

Indovinar mi provo talor dai segni esterni,

Ma è il cuor delle persone sol noto agli occhi eterni.

Gli agnostici e prognostici ch'io fo di un cuore amante,

Può esser che sian fatti da medico ignorante.

Anche il fisico bravo però talor s'inganna,

E men conosce il vero, più che a studiar si affanna.

Lunga è la medic'arte, per cui la vita è breve,

Mai giunge a insegnar tanto, quanto saper si deve.

Ma l'arte di conoscere l'amor di gioventù

È peggio della medica, e incerta ancora più.

FLO.

Dunque voi, che dagli occhi conoscer vi vantate,

Che non sapete niente almeno confessate.

CON.

Non so niente, il confesso; ma sono un po' curioso

Saper, se veramente amate il vostro sposo.

FLO.

Questa curiosità dee avere un fondamento.

CON.

Certo che senza causa non destasi il talento.

FLO.

Prima che il ver vi scopra di quel che in me,

Del vostro desiderio svelatemi il perché.

CON.

Volentieri, è ben giusto, acciò mi si conceda

La grazia ch'io domando, che l'obbedir preceda.

Vuò saper se lo sposo piacer vi reca, o tedio,

Per offerirvi al cuore più facile il rimedio.

FLO.

Figurate i due casi, se l'amo, o se non l'amo;

Saper qual sia il consiglio che mi dareste, io bramo.

CON.

Perdonate, signora, senza saper il male,

Offrono i ciarlatani farmaco universale.

Dite lo stato vostro, e allor franco mi appiglio

Offrirvi, qual io penso, e l'opera e il consiglio.

FLO.

No, no, non vuò scoprirvi dove il mio male inclina,

Se prima non son certa qual sia la medicina.

CON.

Ed io non dirò mai qual sia il medicamento,

Se prima il vostro male scoprire io non vi sento.

FLO.

Dunque il rimedio è inutile; scoprirmi ora non posso.

CON.

E voi restate adunque col vostro male addosso.

FLO.

Che crudeltà! vedere talun addolorato,

E non voler soccorrerlo per un puntiglio ingrato.

CON.

Parmi, perdon vi chiedo, più ingrato chi pretende

Celar il proprio male a chi guarirlo intende.

FLO.

Dirlo non ho coraggio; prometto non negarlo,

Se voi coll'arte vostra giungete a indovinarlo.

CON.

Mi proverò: voi siete afflitta, addolorata,

Perché pria di concludere lo sposo vi ha lasciata.

Temete ch'ei si penta, temete ch'ei non torni,

E cresce il vostro male nel crescere dei giorni.

Ho indovinato?

FLO.

Oibò! siete lontan dal vero.

CON.

Dunque per altra strada indovinare io spero.

Siete di lui pentita. Per forza, o per impegno,

Giuraste a lui la fede, di cui vi sembra indegno.

E invece di tremare per i perigli sui,

Sperate che la guerra vi liberi da lui.

È egli vero?

FLO.

Nemmeno. Crudel tanto non sono.

Finor voi non avete d'indovinare il dono.

CON.

Potreste la sua vita bramar per onestà,

Ma ch'egli vi lasciasse per altro in libertà.

FLO.

Libertà di qual sorte?

CON.

Principio a indovinar.

La libertà che mirasi nel mondo a praticar.

FLO.

Trattar con mille oggetti parmi una noia, un duolo.

CON.

Dunque la libertade di frequentar un solo.

FLO.

Questi chi esser dovrebbe?

CON.

Piano, signora mia,

Principio a insuperbirmi di buona astrologia.

Trovata la ragione che vi martella il petto,

Può esser che indovini ancor qual sia l'oggetto.

Veduto ho qui d'intorno certo don Claudio.

FLO.

È vero.

CON.

Sarebbe egli l'amico?

FLO.

No, nemmen per pensiero.

CON.

Dir convien, che lasciato l'abbiate alla città,

A villeggiar venuta per zelo di onestà.

FLO.

Alla città non evvi quel tal che vi credete.

CON.

Essere vi dee certo. Signora, ove l'avete?

FLO.

S'io spiegarvi dovessi il nome del soggetto,

Sareste, signor Conte, astrologo imperfetto.

CON.

Scoprir una passione poss'io, ma mi confondo

A indovinar un nome fra tanti nomi al mondo.

Ditemi almen la patria.

FLO.

Più di così non dico.

CON.

Vedo per questa parte difficile l'intrico.

Abbandoniamo il nome, qualunque sia l'oggetto:

Parliamo del rimedio al mal che avete in petto.

L'alfier com'è geloso?

FLO.

Nol so, non lo provai.

CON.

Un militar per solito geloso non è mai.

Ridicolo sarebbe voler usar invano

Presente quel rigore che usar non può lontano.

Ma il pover galantuomo, che per l'onor si espone,

Affida alla consorte la sua riputazione.

Considerar conviene, signora, che i soldati,

Ove d'onor si tratta, son molto delicati.

Concedono alle spose la lor conversazione;

Ma guai qualor s'avvedono, che prendono passione.

Ecco, al mal che vi affligge, il buon medicamento;

Troncate la passione nel suo cominciamento.

Fate che a voi tornando, continui amore e stima,

Trovandovi fedele e amante come prima.

FLO.

Ma s'ei perisse al campo, ove comanda il fato?

CON.

Ah ah! capisco adesso, che prima ho indovinato,

Quando pensai che foste afflitta dallo sdegno

D'aver data la fede per forza o per impegno.

Se questo è ver, signora, ecco il rimedio vostro,

Che franco qual io sono, per obbligo vi mostro.

Quando la fede è data, non si ritratta più,

E dove amor non regna, supplisce la virtù.

In libertà di sceglier, un cuor non si violenta,

Ma quando si è legato, è vano che si penta.

Amara è la bevanda, lo so, vi compatisco;

Son medico sincero, vi curo, e non tradisco.

Entrato a medicarvi col più costante impegno,

A costo lo vuò fare ancor del vostro sdegno.

FLO.

Anziché a sdegno prendere labbro che parla audace,

Chi parlami sincero mi offende, e pur mi piace:

Ma il caso è figurato, e non accordo ancora

Che sia, qual vi credete, il mal che mi addolora.

Ditemi, se disciolto fosse il mio cuor dal nodo,

Ritrovereste voi di consolarmi il modo?

CON.

Allor procurerei di darvi un testimonio

Di stima, proponendovi qualch'altro matrimonio.

FLO.

Chi mi proponereste?

CON.

Oh oh! non tanta fretta.

Non nascono i mariti tra i fiori e tra l'erbetta.

Se fosse necessario di darvelo sì presto,

Potrei difficilmente rendervi paga in questo.

FLO.

Se in città non volessi cercar lo sposo mio?

CON.

Altri qui non vi sono fuor che don Claudio, ed io.

FLO.

Un di voi due non basta?

CON.

Don Claudio può bastarvi.

FLO.

Voi non sareste al caso?

CON.

Non so di meritarvi.

FLO.

Lasciam le cerimonie; s'io fossi fuor d'impegno

Il cuor di donna Florida di voi sarebbe indegno?

CON.

Né voi siete nel caso di farmi la proposta,

Né io mi trovo in grado di darvi una risposta.

FLO.

Voi mi sprezzate adunque.

CON.

Son uom che dice il vero

Quando non vi stimassi, vi parlerei sincero.

FLO.

Se di me stima avete, perché negarmi un sì?

CON.

È ver che dirlo è vano, prima che giunga il .

FLO.

E se quel giorno arriva, che par lontano ancora,

Ricuserete il laccio?

CON.

Risponderovvi allora.

FLO.

Questo è il rimedio adunque che medico pietoso

Offriste al male interno, ch'io vi teneva ascoso?

CON.

Ora che il mal conosco, e la cagion ne sento,

Godo che giovar possavi un mio medicamento:

Ma quando l'ammalato ha imbarazzato il seno,

Il balsamo talvolta convertesi in veleno.

Fino che sposo avete vivo, robusto e sano,

Straniera medicina sperar potete invano.

Lasciate che col tempo l'impegno e la ragione

Aiuti la prudenza a far la digestione.

Non vuò che una lusinga faciliti l'accesso

D'un male, ch'è pur troppo comune al vostro sesso;

E per calmar lo spirito, onde agitata or siete,

Ch'io parta, ch'io vi lasci, madama, permettete. (parte)

 

 

 


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