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CON. |
Eccomi al vostro cenno obbedïente e presto. |
FLO. |
A tanta gentilezza tenuta io mi protesto. |
CON. |
Che avete a domandarmi? |
FLO. |
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CON. |
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FLO. |
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CON. |
Oh povero don Flavio! verrà glorioso in cocchio, Gli allori vittoriosi mirando senza un occhio. |
FLO. |
Vi par degno di scherzo l'evento sfortunato? |
CON. |
Questo de' militari è avvenimento usato. |
FLO. |
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CON. |
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FLO. |
Per me non ho più sposo. |
CON. |
Perché? |
FLO. |
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CON. |
Un occhio non è niente, se il resto ha preservato. Pensate voi, per essere privo di una pupilla Non vederà per questo il bel che in voi sfavilla? |
FLO. |
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CON. |
E per questo, madama, vi par che importi molto? Nell'uomo la bellezza non contasi del volto. È la virtù, è il costume, è il cuor che in noi si ammira. Per cui la donna saggia accendesi e sospira. Pregio è del vostro sesso beltà caduca e frale; Nell'uomo la bellezza è cosa accidentale. È bello il vostro sposo? Ebben, la sua beltà Godrete, se non tutta, almeno per metà; E l'altra difformata dal fato disgustoso, |
FLO. |
E mi consigliereste che avessi il cuor sì stolto, |
CON. |
Signora, a quel ch'io sento, vi tenta il rio demonio Il volto non è dove si fonda il matrimonio. |
FLO. |
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CON. |
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FLO. |
L'amai. |
CON. |
Ad obbligarvi con lui chi vi ha forzato? |
FLO. |
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CON. |
E perché ha perso un occhio vorreste abbandonarlo? |
FLO. |
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CON. |
Quanti mostri vi sono ancor nel sesso vostro? Quante spose eran belle da prima in gioventù, E dopo maritate non si conoscon più? |
FLO. |
Credea dal vostro labbro aver miglior conforto; Ma veggo, a mio rossore, che voi mi date il torto. |
CON. |
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FLO. |
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CON. |
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FLO. |
Eh, che la legge istessa provvede ed ha ordinato, Che sposa si disciolga da sposo mutilato. Egli non è più quello a cui promessa ho fede; Se cambiasi l'oggetto, ogni obbligo recede. Pensar deggio a me stessa, né condannar mi lice Il cuore al duro laccio, per vivere infelice. Non parlo da me sola, nel mio fatal periglio Trovai chi mi ha prestato il provvido consiglio. Già licenziai col foglio don Flavio in poche note; S'accheti o non s'accheti, astringermi non puote. So che scherzar vi piace, ma il ver lo comprendete. Signor, parliam sul serio, son libera, il sapete; |
CON. |
Signora, or non si scherza. Grato al don non mi mostro. Se grato esservi deggio, donatemi del vostro. Il cuor, la vostra mano, promessa ad altri in moglie Il caso sventurato dall'obbligo non scioglie. Per voi sento arrossirmi, e più mi maraviglio Di quel che darvi ardisce sì perfido consiglio. Voi non vedeste ancora il volto difformato Di lui, nel pensier vostro qual mostro figurato. Non sarà si difforme. Ma fosse ancor peggiore Di quel che vi sognate, è sempre un uom d'onore. Scrive la sua sventura ad una sposa onesta; Qual ricompensa ingrata all'infelice è questa? Se avesse il volto vostro perduti i vezzi suoi, Godreste un tal disprezzo che si facesse a voi? Sposa di lui sareste, e l'uom saggio, onorato Fuggito avria la taccia di comparire ingrato. No, la legge non scioglie sposi per così poco: Chi vi consiglia è stolto, o disselo per gioco. Che differenza fate fra i nodi maritali, E i santi giuramenti proferti nei sponsali? Quel che lega due cuori, e che li vuole uniti, Non è il letto nuziale, non cerimonie o riti, Ma dal comune assenso di due liberi petti Dipende il sacro impegno del cuore e degli affetti. Mal vi reggeste, il giuro, scrivendo a lui tal foglio; Sposa sua diverrete per onta e per orgoglio. E il merto, che poteva farvi un discreto amore, Perduto già l'avete, volubile di cuore. Piango per l'alta stima che avea di voi formata; Piango che da voi stessa vi siate rovinata; E che caduta siate nel vergognoso eccesso Di debole incostanza comune al vostro sesso. |
FLO. |
Ah signor, mi atterrite. Misera sventurata! |
CON. |
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FLO. |
Lungi non dovria molto esser chi porta il foglio. Stelle! ne son pentita. Ricuperarlo io voglio. Chi è di là? |