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Donna Lucrezia, poi Don Ippolito
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			 LUCR.  | 
		
			
			 Farmi volea l’insulto, e me l’ha fatto. Vendicarmi saprò d’un simil tratto. Però poco mi cale Di perdita sì lieve. Io di Fabrizio Stata amante non sono; e più di lui  | 
	
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			 IPP.  | 
		
			
			 Son qui ad adempir. Voi da Madama Alterata partiste, ed io non ebbi Di servirvi il piacer. Se nel cuor vostro  | 
	
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			 LUCR.  | 
		
			 Per rispetto e dover? Non avrà parte Nella scusa l’amor? Come! Tacete? Da cavalier qual siete,  | 
	
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			 IPP.  | 
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			 LUCR.  | 
		
			 Amor non vuol rispetto: o amar si deve Per genio, per piacere; o inutilmente Si sagrifica il cor. Non m’ingannate, Celando il vero un mentitor voi siete; Compatirvi saprò, se il ver direte.  | 
	
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			 IPP.  | 
		
			 Oimè! con troppa forza  | 
	
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			 LUCR.  | 
		
			
			
			 A me più non pensate. Sì, traditor, sì, mentitor, andate. 
 T’incenerisca, o perfido; Tu m’insegnasti a sciogliere  |