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OTT. Oh, quest'è bella! Non vuol che si dica la verità; che ne dici tu, Corallina?
COR. Lo dico che la mia padrona ha ragione.
COR. Pazza anche la mia padrona?
OTT. Via, le anderai a riportar anche questo?
COR. Perché no? Ella mi dà il salario, e voi non mi date niente.
OTT. Non dubitare, non avrai gettati meco i tuoi servigi: non mi rimproverar d'avvantaggio. Ti regalerò.
COR. Compatitemi, è stata poca prudenza la vostra, lodar in quella maniera la signora Rosaura in faccia della mia padrona.
OTT. Sì, è vero; voi altre donne vorreste essere al mondo sole.
COR. Dirle che è bella, graziosa, giovinetta!
OTT. Ma che? La signora Beatrice si vorrebbe mettere con lei?
COR. La signora Beatrice ha il suo merito.
OTT. Sì, ha il suo merito, è vero. Ma non si può negare che la signora Rosaura non sia più giovine e più vezzosa.
COR. Dunque stimate la signora Rosaura, e disprezzate la mia padrona?
OTT. Non è vero; io stimo tutte due, ma dico la verità.
COR. Non sapete, signore, che la verità partorisce odio?
OTT. Quest'effetto lo fa negli sciocchi.
COR. Ho veduto che la padrona è partita in collera.
OTT. Via, via, di' alla signora Beatrice che vado a stabilire il negozio col signor Pantalone, e a pranzo le dirò tutto. Metti colla padrona delle buone parole per me; e se fai qualche scoperta, avvisami, confidami tutto; e non dubitare, che hai da fare con un uomo grato, con un uomo prudente. (parte)