Carlo Goldoni
Il contrattempo

ATTO TERZO

SCENA DICIASSETTESIMA

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SCENA DICIASSETTESIMA

 

Lelio e detti.

 

LEL. Signore, scusate se vengo ad incomodarvi.

PANT. Patron, me maraveggio. In cossa la pòssio servir?

ROS. (Signor padre). (piano)

PANT. (Cosse gh'è?)

ROS. (Se il signor Florindo non torna, prenderò questo). (piano)

PANT. (Se pol sentir de pezo? Aspèttelo, che el tornerà). (da sé) E cussì la diga, sior.

LEL. Avete saputo l'insulto fattomi dal signor Ottavio?

PANT. Ho savesto, e i m'ha anca dito, che tutto giera giustà.

LEL. Io veramente ho donato tutto a un cavaliere che mi può comandare, ma colla condizione però, che Ottavio mi dovesse fare un atto di scusa in presenza del cavaliere medesimo e d'altri di lui amici. Sono quattr'ore che sei cavalieri lo aspettano, ed egli non si è veduto. Tutti sono irritati, ed hanno messo me in libertà di far qualunque risentimento. So che voi proteggete codesto pazzo, e però, prima di risolvere cosa alcuna, per quel rispetto che a voi professo, vengo a dirvi, che se consigliato da voi non farà il suo dovere, farò io verso di lui quello che mi suggerirà il mio decoro.

ROS. (Non ho inteso neanche una parola). (da sé)

PANT. Sior, la ringrazio della bontà che la gh'ha per mi. Sior Ottavio l'ho assistìo e lo assisto per atto puro de bon amor, e col vegnirà, ghe parlerò, e quel che poderò far per la pase, per la giustizia, la se assicura che lo farò.

 

 

 


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