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Catina dalla finestra, e detti.
CAT. |
Oimè! respiro un poco, Sia malignazo pur la suggizion. Siora mare me tien... Veh là, per diana, La siora squincia con un cicisbeo. Vardè che sfazzadona! |
Oh che volto gentil! (guardando Catina) Via, facciam presto; (a Lilla) Conchiudiamo il negozio. È peccato che lei |
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Ma non è già concluso? Questa è pur la scrittura, |
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Vi vogliono de’ fatti. |
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Come sarebbe a dir? |
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Far che preceda |
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Dunque vussignoria Che la persona mia? |
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Mi meraviglio: E all’interesse l’amor mio prevale. Perché con questo patto |
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CAT. |
(Quanto che pagherave |
Cosa vuol dir? Quelle finestre han forse Più della casa mia dolce attrattiva? |
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Dirò la verità, parmi quel volto Altre volte aver visto, e tutta tutta Ella si rassomiglia |
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CAT. |
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Oh, oh, che dama! Ella è una simoncina |
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Come sarebbe a dir? |
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Il mio costume Non è di mormorar, ma ben vi giuro |
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È forse questa |
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E in che maniera! |
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CAT. |
Perché se me n’incorzo, |
È una senza creanza, Io mi vergognerei di praticarla, |
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Sotto le sue finestre, V’erano più di dieci giovinotti. |
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E pur è brutta, |
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Cui parlò dal balcone una sol volta, Ha avuto tanto ardir questa sfacciata Di chieder una veste ricamata. Oh se volessi dir! Ma son prudente, Abbado a quel che faccio, E le cose degli altri osservo e taccio. Però di quella smorfia |