Carlo Goldoni
Un curioso accidente

ATTO PRIMO

SCENA QUARTA   Madamigella Giannina, poi Monsieur Filiberto

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SCENA QUARTA

 

Madamigella Giannina, poi Monsieur Filiberto

 

GIANN. Non avrei mai creduto avermi da ridurre ad un simil passo. Impiegar io medesima le parole ed i mezzi per trattenerlo? Ma senza di ciò, ei partirebbe a momenti ed io morrei poco dopo la sua partenza. Ecco mio padre. Spiacemi ch'ei mi sorprenda nelle camere del forestiere. Ringrazio il cielo ch'ei sia partito. Convien dissipare dal volto ogni immagine di tristezza.

FIL. Figliuola, che fate qui in queste camere?

GIANN. Signore, la curiosità mi ci ha spinta.

FIL. E di che siete voi curiosa?

GIANN. Di vedere un padrone da poco ed un servitore sguaiato ad allestire pessimamente un baule.

FIL. Sapete voi quando egli si parta?

GIANN. Volea partirsi stamane; ma nel muoversi per la stanza si reggeamal sulle gambe, che cominciò a temere di non resistere al viaggio.

FIL. Io dubito che la malattia ch'ei soffre presentemente, sia originata da un'altra ferita un poco più penetrante.

GIANN. Finora i medici non gli hanno scoperta che una ferita sola.

FIL. Oh! si danno delle ferite, che non sono dai medici conosciute.

GIANN. Qualunque colpo, benché leggiero, forma al di fuori la sua impressione.

FIL. Eh no, vi sono delle armi che colpiscono per di dentro.

GIANN. Senza ferir la pelle?

FIL. Sicuramente.

GIANN. Per dove passanofatti colpi?

FIL. Per gli occhi, per le orecchie, per i meati del corpo.

GIANN. Intendete voi delle impressioni dell'aria?

FIL. No, intendo parlare di quelle del fuoco.

GIANN. In verità, signore, non vi capisco.

FIL. Avrei piacere che non mi capiste.

GIANN. Mi credete voi maliziosa?

FIL. No, vi credo una brava ragazza, saggia, prudente, che conosce il male dell'uffiziale, e che mostra di non conoscerlo per onestà.

GIANN. (Meschina di me! questo modo suo di parlare mi mette in agitazione).

FIL. Giannina, mi pare che siete divenuta un po' rossa.

GIANN. Signore, voi dite cose che mi fanno necessariamente arrossire. Comincio ora a comprendere le misteriose ferite di cui parlate. Comunque ciò siasi, io non conosco né il suo male, né il suo rimedio.

FIL. Figliuola mia, facciamoci a parlar chiaro. Monsieur de la Cotterie era risanato quasi perfettamente un mese dopo che è qui venuto. Stava bene, mangiava bene, principiava a riacquistar le sue forze, aveva un buon colorito, ed era il piacere della mia tavola e della nostra conversazione. A poco a poco cominciò ad attristarsi, perdé l'appetito, divenne smunto, e si conversero le sue lepidezze in sospiri. Io sono un poco filosofo. Credo la di lui malattia più dello spirito, che del corpo, e per parlarvi ancora più chiaramente, io lo giudico innamorato.

GIANN. Può essere che la cosa sia come dite. Ma penso poi, che se fosse qui innamorato, non cercherebbe d'allontanarsi.

FIL. Oh! anche sopra di ciò la filosofia somministra delle ragioni. Se mai per avventura quella che lo ha innamorato fosse ricca, dipendesse dal padre, e non potesse accordargli alcuna buona speranza, non sarebbe fuor di proposito, che la disperazione lo consigliasse a partire.

GIANN. (Pare che egli sappia ogni cosa).

FIL. E il tremor nelle gambe sopravvenutogli poco prima della partenza, dico io filosoficamente pensando, non potria derivare dal combattimento delle due contrarie passioni?

GIANN. (Starei quasi per maledire la filosofia).

FIL. Fin qui m'interessa la benevolenza ch'io gli professo, l'ospitalità a cui sono di buon cuore inclinato, e l'umanità istessa che mi fa sollecito per il bene del prossimo; ma non vorrei che nella di lui malattia vi fosse frammischiata quella di mia figliuola.

GIANN. Oh! sì, che or mi fate rider davvero. Pare a voi ch'io sia smunta, pallida, lagrimante? Che dice la vostra filosofia sui segni esterni del mio volto e della mia ilarità?

FIL. Mi tiene fra due giudizi sospeso. O che abbiate avuta la virtù di resistere, o che abbiate quella di saper fingere.

GIANN. Signore, avete mai potuto comprendere ch'io sia mendace?

FIL. No, non l'ho mai compreso, e per questo ne dubito.

GIANN. Che abbiate fissato dentro di voi medesimo, che l'uffiziale sia innamorato, cammina bene, e può darsi; ma io non sono l'unica, sopra di cui possa cadere il sospetto delle sue fiamme.

FIL. Siccome il signor tenente esce tanto poco di casa, è ragionevole sospettare che qui sia nato il suo male.

GIANN. Vi sono delle bellezze forestiere, che vengono qui da noi e che potrebbono averlo acceso.

FIL. Anche questo potrebbe darsi, e voi, che siete della partita, e non mancate di spirito e di cognizione, dovreste saperlo precisamente, e sapendolo, fareste bene a trarmi fuor di sospetto.

GIANN. Veramente io avea promesso di non parlare.

FIL. Il padre dee eccettuarsi da simili promissioni.

GIANN. Sì certo, allor specialmente che col tacere gli posso dar del rammarico.

FIL. Via dunque, buona figliuola, parlate. (M'induceva a sospettar di lei con fatica).

GIANN. (Trovo il ripiego mio indispensabile). Sappiate, signore, che il povero monsieur de la Cotterie è acceso e delirante per madamigella Costanza.

FIL. Che è la figliuola di monsieur Riccardo.

GIANN. Sì, quella appunto.

FIL. Gli corrisponde la giovane?

GIANN. Colla maggior tenerezza di questo mondo.

FIL. E quali difficoltà si frappongono all'onesto fine de' loro amori?

GIANN. Io credo che il padre della fanciulla non acconsenta di darla ad un uffiziale, che ha scarso modo di mantenerla.

FIL. Bella fantasia davvero! E chi è egli monsieur Riccardo, che abbia da concepire delle massimerigorose? Non è finalmente che un finanziere, sollevato dal fango, ed arricchito al suono delle esclamazioni del popolo. Vorrebbe egli mettersi in gara coi negozianti d'Olanda? Le nozze di un uffiziale onorerebbero la sua figliuola e non avrebbe mai spesi meglio i suoi danari male acquistati.

GIANN. Per quel ch'io sento, se foste voi il finanziere non gli neghereste la vostra figlia.

FIL. No certamente.

GIANN. Ma essendo un negoziante d'Olanda, non vi converrebbe il partito.

FIL. No, non mi converrebbe. Voi lo sapete, non mi converrebbe.

GIANN. Pensava anche io nello stesso modo.

FIL. Voglio interessarmi a favore di monsieur de la Cotterie.

GIANN. In qual maniera, signore?

FIL. Persuadendo monsieur Riccardo ad accordargli la sua figliuola.

GIANN. Non vi consiglio poi inoltrarvi tanto in sì fatto impegno.

FIL. Sentiamo che cosa dice il tenente.

GIANN. Sì, sentitelo. (È necessario ch'io lo prevenga).

FIL. Non crederei ch'egli volesse partir per ora.

GIANN. So per altro che egli aveva ordinato la posta.

FIL. Mandiamo tosto a vedere.

GIANN. Anderò io, signore. (Non vorrei per far bene aver fatto peggio). (parte)

 

 

 


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