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MARIAN. Signore, non è più qui la padrona?
MARIAN. Con sua licenza. (in atto di partire)
MARIAN. A rintracciar la padrona.
FIL. Avete qualche cosa di premuroso da dirle?
MARIAN. Ci è una signora che la domanda.
FIL. E chi è?
FIL. Oh! è qui madamigella Costanza?
MARIAN. Sì, signore, e giudico, venendo ella a quest'ora insolita, che qualche cosa di estraordinario la mova.
FIL. Eh! lo so io l'estraordinario movente. (ridendo) Dite a madamigella Costanza che, prima di passare da mia figlia, favorisca, se si contenta, di venir qui.
FIL. Ehi! l'uffiziale è in casa?
MARIAN. Non signore, è sortito.
FIL. Subito che egli viene mandatelo qui da me.
MARIAN. Sì, signore. Crede ella che parta oggi il tenente?
MARIAN. In fatti ha sì poca salute, che si precipita se si mette in viaggio.
MARIAN. Per quanto gli s'abbia detto, vuole andare a sagrificarsi.
FIL. Non anderà. Resterà; resterà, e guarirà.
MARIAN. Caro signor padrone, voi solo gli potreste dare la sua salute.
FIL. Io eh? La sapete voi pure la malattia del tenente?
MARIAN. Io la so; e voi, signor, la sapete?
MARIAN. Davvero? (maravigliandosi)
FIL. Che maraviglia vi fate? La figlia non ha da partecipare la verità a suo padre?
MARIAN. Anzi ha fatto benissimo.
MARIAN. Finalmente è un amore onesto.
MARIAN. Il tenente è una persona civile.
MARIAN. Non c'è altro male, che non è ricco.
FIL. Una buona dote può migliorare la sua condizione.
MARIAN. Quando il padre è contento, non c'è più che dire.
FIL. Un padre, che non ha altri al mondo che questa sola fanciulla, trovando da collocarla decentemente non può negare di soddisfarla.
MARIAN. Che siate benedetto! Queste sono massime veramente da quel grand'uomo che siete. Sono consolatissima per parte del giovane e della fanciulla. (Ma molto più per me stessa, se meco resta il mio adorato Guascogna). (parte)