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Monsieur Filiberto, poi Monsieur Riccardo
FIL. Impertinente! Si mariti o non si mariti, non la voglio più in casa mia. Pensar così di mia figlia? non è capace Giannina, non è capace.
RICC. Servitore, monsieur Filiberto.
FIL. Buon giorno, monsieur Riccardo. Compatitemi, se vi ho incomodato.
FIL. Ho da parlarvi. Accomodatevi.
RICC. Ho poco tempo per trattenermi.
RICC. Sì, certo. Fra le altre cose sono circondato da mezzo mondo per causa di un contrabbando arrestato.
FIL. Mi è stato detto. Quelle povere genti sono ancora in prigione?
RICC. Ci sono, e ci staranno sino all'intero esterminio delle loro case.
FIL. E avete cuore di soffrire le lacrime dei loro figliuoli?
RICC. Hanno avuto cuore eglino di usurparci il dritto delle finanze? Vorrei che di costoro ne capitassero soventemente. Non sapete voi che i contrabbandi arrestati ci pagano le male spese?
RICC. Ditemi quel che mi avete da dire.
FIL. Monsieur Riccardo, voi avete una figliuola da marito?
RICC. Così non l'avessi.
FIL. V'incomoda il tenerla in casa?
RICC. No, m'incomoda il dover pensare alla dote.
FIL. (Cattivo principio). Pure, s'ella il desidera, vi sarà indispensabile il collocarla.
RICC. Lo farò, se sarò costretto a doverlo fare, ma con una di queste due condizioni: senza dote, se maritasi a modo suo; buona dote, se maritasi a modo mio.
FIL. Avrei una proposizione da farvi.
RICC. L'ascolterò, ma sbrigatevi.
FIL. Conoscete voi quell'uffiziale francese che è ospite in casa mia?
RICC. Me lo proporreste voi per mia figlia?
FIL. Se ve lo proponessi, ci avreste delle difficoltà?
RICC. Uffiziale e francese? Né con dote, né senza dote.
FIL. Avete voi dell'avversione ai Francesi ed ai militari?
RICC. Sì, agli uni e agli altri egualmente. Molto peggio, se l'uno e l'altro sia la stessa persona. Abborrisco i Francesi, perché non sono amici del traffico e della fatica come siamo noi: non pensano che alle cene, agli spettacoli, ai passeggi. Dei militari poi ho ragione di essere malcontento. So il danno che mi hanno recato le truppe: pretendono che noi finanzieri siamo obbligati a mantenere i loro fanti e i loro cavalli e quando sono a quartiere, darebbero fondo ad un arsenale di monete.
FIL. Il Francese, l'uffiziale di cui vi parlo, è onest'uomo non ha difetti, e poi è di sangue nobile.
FIL. È cadetto di sua famiglia.
RICC. Se non è ricco, stimo poco la sua nobiltà, e molto meno il di lui mestiere.
FIL. Caro amico, parliamo fra voi e me, che nessuno ci senta. Un uomo come voi, beneficato dalla fortuna, spenderebbe male cinquanta o sessantamila fiorini per fare un nobile parentado?
RICC. Per questa ragione non ispenderei dieci lire.
FIL. A chi volete voi dare la vostra figlia?
RICC. Se ho da privarmi di qualche somma, la voglio mettere in una delle migliori case d'Olanda.
FIL. Non ci riuscirete.
FIL. Non ci riuscirete.
FIL. Perché le buone case d'Olanda non hanno necessità di arricchirsi per questa strada.
RICC. Vi preme tanto questo galantuomo?
FIL. Sì, mi preme assaissimo.
RICC. Perché non gli date la vostra?
FIL. Perché... perché non gliela voglio dare.
RICC. Ed io non gli voglio dare la mia.
FIL. Fra voi e me vi è della differenza.
RICC. Io non la so vedere questa differenza.
FIL. Si sanno i vostri principi.
RICC. E di voi non si può sapere il fine.
RICC. Se non fossi in casa vostra, direi di peggio.
RICC. Non ho soggezione di voi.
RICC. Sì, ci parleremo. (ci cascherà un giorno nelle mie mani. Se posso trovarlo in fraude di un menomo contrabbando, giuro al cielo, lo voglio precipitare). (parte)