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EUL. Che cosa fate qui voi? (al Paggio)
PAGG. Mi ha mandato via dall’anticamera.
EUL. Questo non è il vostro luogo. In camera delle donne non si viene.
COL. Mi ha portato le spille; è venuto ora.
EUL. Le spille andatele a prender voi. Animo, via di qua.
PAGG. Posso andare in anticamera?
PAGG. (In quella sala ci si muore di freddo). (da sé)
EUL. A chi dico io? (al Paggio)
PAGG. Sono geloso, come il padrone.
EUL. Come? Che vuol dire questo geloso?
PAGG. Signora, domandatelo a Colombina.
EUL. Colombina, che cosa dice costui? È geloso?
COL. Eh, non gli badate, signora. Geloso intende per gelato, che ha freddo.
PAGG. Me l’ha detto Colombina.
EUL. Tu l’hai detto? (a Colombina)
COL. Eh, che quel ragazzo non sa che cosa si dica. (Mai più parlo con ragazzi). (da sé)
EUL. Animo, via di qua. (al Paggio)
EUL. Sì, in sala, dove comando.
PAGG. (Questa volta butterei via la parrucca, se l’avessi, come ha fatto il padrone). (parte)
EUL. Che cos’è quest’imbroglio di geloso, di freddo, di mio marito? Che cosa dice colui?
COL. Non lo sapete, signora? I ragazzi parlano a caso.
EUL. Ha forse detto qualche cosa di mio marito?
COL. Oh niente, signora, niente.
EUL. Questa mattina mio consorte è di cattivo umore. L’ha col fattore, l’ha col sarto, l’ha col parrucchiere. Basta dire che ha gettato una parrucca sul fuoco.
COL. Sì sì, il paggio me l’ha detto. (ridendo)
EUL. (Ecco, il paggio ha parlato). (da sé) Orsù, Colombina, bada bene che i fatti miei non si sappiano fuori di casa, perché me ne renderai conto.
COL. Se tutti fossero fedeli come me, potreste viver quieta.
EUL. Hai terminata quella scuffia?
COL. Sì signora, l’ho terminata. Anderà bene.
EUL. Sì sì, anderà bene. Va a stirare la biancheria.
COL. Cara signora, mi parete turbata.
COL. Viene il padrone.
EUL. Va a fare quello che ti ho detto.