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ROB. Gentilissime dame, a voi m’inchino. (le dame lo salutano)
RODEG. Don Roberto, noi vogliamo giuocare.
ROB. Servitevi, siete padrone. A che giuoco volete voi divertirvi?
RODEG. A un giuoco facile. Giuocheremo a primiera.
EUL. Primiera è un giuoco d’invito. Perdonatemi, non mi par giuoco da conversazione.
RODEG. A me piace giuocare a que’ giuochi che non impegnano l’attenzione. Voglio nello stesso tempo giuocare e discorrere.
EMIL. È vero, dite bene, è un giuoco facile; ma si può perdere molto denaro.
ROB. Venite qui, farò io la partita in un modo che non vi sarà pericolo che vi sieno dei precipizi. Signora donna Emilia, favorisca. (fa seder donna Emilia) Qui donna Rodegonda. (la fa sedere) E qui mia moglie.
RODEG. Come! Una partita di tre donne?
ROB. Nei giuochi d’invito, quando vi sono degli uomini, non possono fare a meno di non riscaldarsi. Tre dame giuocheranno con moderazione. Per divertirsi e non per rovinarsi.
RODEG. E quei due cavalieri staranno oziosi.
ROB. Se vogliono divertirsi, sono padroni. Vi sono degli altri tavolini. Se vogliono giuocare in tre, li servirò io, fino che venga qualcheduno.
RODEG. Oh sì, don Roberto, che volete fare una conversazione di buon gusto! Due tavolini, uno di uomini e uno di donne. Se viene qualcheduno a vederci, creperà dal ridere.
ROB. Signora donna Emilia, a Castelbuono si usano questi tavolini? Giuocano mai separati gli uomini dalle donne?
EMIL. Ordinariamente giuocano gli uomini fra di loro, e le donne non giuocano quasi mai.
ROB. E qui giuocano sempre. Giuocano giorno e notte, e una partita senza uomini, è una partita che fa ridere.
RODEG. Ma che dite, donna Eularia, vi pare che così stiamo bene?
EUL. Per me sto benissimo. Mi dispiace che voi non siate contenta.
RODEG. Oh, non sono contenta assolutamente. Dividiamoci; siamo sei. Due dame e un cavaliere; due cavalieri e una dama. Signor Conte, signor Marchese, non vogliono favorire?
MAR. Farò tutto quello che comandano lor signore.
CON. Di me dispongano come loro aggrada.
RODEG. Ha da giuocare anche don Roberto.
RODEG. Oh bravo! Voi a tavolino colla moglie non ci dovete stare...
RODEG. Oh, questa sarebbe bella, che il marito giuocasse colla moglie!
ROB. Signora donna Emilia, a Castelbuono giuocano mai i mariti colle loro mogli?
EMIL. Mio marito giuoca spesso con me.
ROB. (Oh benedetto castello!) (da sé)
RODEG. Orsù, finiamola. Giuocheremo donna Emilia, don Roberto ed io; e quei due cavalieri giuocheranno con donna Eularia.
ROB. (Maledetta costei! Poteva dispor peggio?) (da sé)
EUL. Cara amica, servitevi voi, ecco il posto di mio marito. (si alza) Non ho volontà di giuocare. Spero che quei cavalieri mi dispenseranno, e si divertiranno senza di me.
ROB. Se vogliono, possono giuocare a picchetto.
RODEG. Eh via, donna Eularia, non guastate voi la conversazione. Se non giuocate, quei due cavalieri or ora se ne vanno, e noi restiamo qui soli.
EUL. Spero che non partiranno; ma se rimanesse un tavolino solo per giuocare, non basta.
RODEG. Oh, a me non basta, se non ho da chiacchierare con degli altri tavolini, mi par d’esser morta.
ROB. (Sì, usano così. Una conversazione pare un mercato). (da sé) Via, Conte, Marchese, invitate questa dama. Non fate che resti oziosa.
MAR. Tocca a lei, signor Conte.
CON. Se tocca a me, io la supplicherò che si degni di lasciarsi servire.
EUL. Caro marito, pregate voi questi cavalieri che mi dispensino.
ROB. Come c’entro io, se volete giuocare o non volete giuocare? Sono io un uomo che non vi lascia vivere a modo vostro? Che vi impedisca giuocare? Sono io un qualche pazzo? Oh bene, giacché vi siete rivolta a me, vi dico espressamente che accettiate l’invito di que’ due cavalieri, e non facciate ridere la conversazione.
EUL. Meno parole servivano per farmi fare tutto quel che volete. In verità mi duole il capo, non ho volontà di giuocare; ma per contentar mio marito, eccomi a ricever le grazie di lor signori. (si accosta al tavolino)
MAR. Signora, se non avete piacer di giuocare...
ROB. Eh, che giuocherà, giuocherà.
EUL. Giuocherò, giuocherò. Eccomi qui. Favorite. (siede)
CON. (La compatisco, se non ha volontà di giuocare). (siede)
MAR. (Se non ci fossi io, giuocherebbe più volentieri). (siede e comincia a mescolar le carte, e giuocano)
ROB. (Oh la bella partita!) (da sé)
RODEG. Orsù, giacché finalmente si sono accomodati, accomodiamoci anche noi. Don Roberto, favorite di seder qui. (la sedia resta colla schiena a donna Eularia)
ROB. Subito vi servo. (vorrebbe osservare donna Eularia) Signora donna Emilia, voi siete in un cattivo posto.
EMIL. Perché?
ROB. L’aria che viene da quella porta, vi offenderà. Favorite, restate servita qui.
ROB. I servitori che l’aprono, faranno venire dell’aria. Qui starete meglio senz’altro.
EMIL. Farò come comandate. (Farmi scomodare! Anche questo è un complimento all’usanza di Castelbuono). (da sé)
ROB. (Ora vedrò meglio il fatto mio). (resta in faccia a donna Eularia)
RODEG. Ecco le carte, finiamola. (dà le carte in mano a don Roberto)
ROB. Vi servo subito. (mescola, e di quando in quando dà delle occhiate al tavolino della moglie)
MAR. (Eh, benissimo. Col signor Conte si fanno tutti i partiti vantaggiosi nel giuoco). (giuocando, piano a donna Eularia)
EUL. (Il partito che ho fatto a lui, lo faccio a tutti; io non giuoco per vincere).
MAR. (Per favorire un cavaliere che dà nel genio, non si bada a pregiudicare il terzo).
ROB. (Mi pare che tarocchino a quel tavolino). (da sé)
CON. (Mi maraviglio di voi).
MAR. (Ed io di voi).
ROB. Che c’è? Chi vince? Chi perde? (forte all’altro tavolino)
EUL. Quando si giuoca, non si può fare a meno.
RODEG. Badate qui. Invito ad uno scudo.
MAR. (Eh via, signora, non gli mostrate le carte). (a donna Eularia)
EUL. (Io non gliele ho mostrate).
MAR. (Se ho veduto io, come avete fatto).
MAR. (Eh!)
CON. (Quando una dama lo dice, siete obbligato a crederlo, e quando impegna l’onor suo, siete un mal cavaliere, se replicate).
ROB. (Taroccano davvero). (da sé, ascoltando)
EUL. (Per amor del cielo, acquietatevi).
ROB. Che c’è? Che c’è? (forte all’altro tavolino)
EUL. Niente, niente. Si giuoca.