Carlo Goldoni
La dama prudente

ATTO TERZO

SCENA QUATTORDICESIMA

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SCENA QUATTORDICESIMA

 

Il marchese ed i suddetti.

 

MAR. Come! Anche in arresto donna Eularia fa le sue visite al Conte?

EUL. Non potete dire che io faccia visita al Conte, se a questa visita ho voluto presente anche voi.

MAR. Voi dunque m’avete fatto trasportar qui?

EUL. Sì. Io.

MAR. Per darmi dei rimproveri? Per farmi soffrire qualche cosa di più?

EUL. Cavalieri, chi di voi conosce l’onore?

MAR. Il chiederlo a me è un’offesa. L’onore in me prevale alla vita.

CON. Appresi a conoscerlo fin dalla culla.

EUL. Chi conosce l’onore, saprà l’inestimabile di lui prezzo, e saprà che il sangue di chi l’offende, non basta per risarcire l’offesa. Uditemi dunque; rispettate una dama che parla, e non interrompete il mio serio ragionamento. Voi siete due amici di mio marito, e per ragione dell’amicizia contratta seco, avete avuto la libertà di trattare con me; onde l’occasion di trattarmi voi la riconoscete unicamente da don Roberto, il quale essendo un cavaliere onorato, non ha mai dubitato della fede de’ suoi amici. Ditemi: come avete voi corrisposto all’amor suo, alla sua buona fede? Avete immediatamente cercato rapirgli il cuore della sua sposa, cavalieri indiscreti: sì, lo avete cercato. Io lo so, che ho dovuto arrossire nell’avvedermi della vostra rivalità! Sì, la vostra indegna passione vi ha trasportati all’eccesso di metter mano alla spada nelle proprie mie camere. Ringraziatemi d’avervi io difeso alla presenza di mio marito; ma ecco il ringraziamento che voi mi fate. Mi si fanno de’ nuovi insulti. Si cercano nuove risse; si parte con iscandalo dalla conversazione; si fa un duello, e si mette a repentaglio l’onore di un cavaliere, che vi ha introdotti per amicizia; di una dama, che vi ha sofferti per convenienza. Orsù, siete arrestati; ma essendo leggiera in faccia al mondo la vostra colpa, sarà leggiera la vostra pena. La pena grande cadrà sopra di me, se sarà noto che per mia cagione vi siate sdegnati, vi siate battuti. La gelosia suppone amore, e niuno vorrà credere che voi siate due fanatici appassionati senza cagione. A questo gran male siete ancora in tempo di riparare. La cagione delle vostre risse ancora non è palese. L’onor mio, l’onor vostro, due cose richiede. La prima, che supponghiate un’ideale cagione dei vostri sdegni, la seconda, che torniate amici com’eravate. La prima è facile, la seconda è difficile; ma io vi saprò agevolare anco questa. Non siete rivali per me? Non siete nemici per mia cagione? Eccovi levato l’oggetto de’ vostri sdegni. Io parto, io vado a Castelbuono con mio marito. Ma deh, prima ch’io parta, cavalieri onorati, cavalieri saggi e discreti, a una dama che si sagrifica per vostra cagione, fate questa sola grazia, che col pianto agli occhi vi chiede. Tornate amici, scordatevi di ogni rissa, e se mi volete veder contenta, vi supplico, vi scongiuro, abbracciatevi alla mia presenza.

CON. Ah Marchese, resistere più non posso. Eccomi fra le vostre braccia.

MAR. Sì, in grazia di donna Eularia, come amico vi abbraccio.

 

 

 


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