Carlo Goldoni
La donna di garbo

ATTO PRIMO

SCENA TERZA

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SCENA TERZA

 

Dottore e dette

 

ROS. Eh via, signora, risvegliatevi da questo vostro letargo; se farete così, diverrete tisica in breve tempo. Bella consolazione che darete a vostro padre! Le figlie savie stanno bensì lontane dalle male pratiche, ma si divertono col lavoro, colle serve di casa, e talvolta con qualche libro. Voi non volete far niente. Per Bacco, per Bacco, mi fareste venire la rabbia.

DOTT. (Oh che serva da bene!) (da sé)

ROS. Ma almeno rispondete. Venga il canchero alle bocche strette.

DIA. (Costei m'imbroglia, né so che dire). (da sé)

ROS. Oh, se foss'io in vostro padre, troverei ben la maniera di farvi parlare. Ma mi perdoni quel buon temperamento del signor Dottore, egli è con voi troppo condiscendente.

DOTT. È vero, è vero, son troppo buono, avete ragione, Rosaura; mia figlia si abusa della mia bontà.

DIA. Pazienza, signor padre.

ROS. Ah, che volete fare? È giovane, convien compatirla.

DOTT. (Da sola a sola la corregge, e in presenza mia la difende). (da sé)

ROS. Orsù, signora, fate vedere al vostro signor padre che siete figlia ubbidiente: andate a lavorare, io già vi ho preparato il disegno per il ricamo dei manicotti: andate, che l'ozio è il padre di tutti i vizi. (Andate a scriver una lettera al signor Momolo). (a Diana, piano)

DIA. Volentieri; sono contentissima. Le mie mani non si saranno mai impiegate con tanto piacere, quanto s'impiegheranno in questo ricamo. (Vedrai se ricamerò bene questa lettera). (piano a Rosaura, indi parte)

 

 

 


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