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Beatrice e Lelio, poi servi che portano tavolino e carte.
BEAT. Divertiamoci a un gioco più facile di tutti quelli nominati da Rosaura. Giochiamo al faraone. (siedono)
LEL. In me troverete sempre una cieca obbedienza. (Fortuna ingrata! non ho denari!) (da sé)
BEAT. Fatemi il piacere di tener voi il gioco.
LEL. No, no, madama, dispensatemi, ve ne prego.
BEAT. Tanto pronto a compiacermi, ed ora mi pregate ch'io vi dispensi? (Già capisco che non ha denari). (da sé)
LEL. Oh cielo! quel far la banca con una dama in gioco d'azzardo, non è ben inteso. Alcuno potrebbe temere... Si sa la mia onestà, la mia cavalleria, ma pure gente maligna... Basta, dispensatemi, ve ne prego.
BEAT. Non voglio già ch'esponiate gran somma, basterebbero solamente tre o quattro scudi.
LEL. (Che stoccata al mio cuore!) (da sé) Con tre o quattro scudi potrei cimentare il vostro contegno. So il vostro spirito. Madama, tenete pur voi l'invito. Io punterò per servirvi. Ognuna di queste marche dirà mezzo paolo; siete contenta?
BEAT. Farò come volete. (Almeno gli guadagnassi sulla parola! non per l'utile del denaro, ma per deriderlo). (da sé)
LEL. Grazie. (O sorte benigna, anche da questo laberinto il filo della prudenza mi trasse). (da sé)
LEL. Pazienza! Quattro marche all'asso.
LEL. (La cosa va molto male). (da sé)