Carlo Goldoni
La donna di garbo

ATTO SECONDO

SCENA UNDICESIMA

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SCENA UNDICESIMA

 

Florindo, Diana, Isabella

 

FLOR. E voi, signora sorella, quando vi maritate?

DIA. Oh, io dipendo dal mio genitore.

FLOR. Se il genitore volesse, vi accompagnereste volentieri?

DIA. Per ubbidirlo.

FLOR. Solamente per ubbidirlo? Eh via, non fate meco la schizzinosa. Vi conosco negli occhi, che avete volontà di maritarvi. Siete mia sorella, e tanto basta.

DIA. Via, non mi fate arrossire.

FLOR. Ditemi: questo giovinotto vi piacerebbe?

DIA. È libero?

FLOR. Sicuro.

DIA. Ma io forse non piacerei a lui.

FLOR. Chi sa? Volete ch'io gliene parli?

DIA. Fate voi.

FLOR. (Sarebbe allegra con un tal marito!) (da sé)

DIA. (Questo mi pare più bello del signor Momolo; voglio partire, acciò abbia campo di dirgli qualche cosa). (da sé) Addio, signor fratello.

FLOR. Perché partite?

DIA. Ho da finir un lavoro. (Mi raccomando a voi). Serva, quel signore.

ISAB. A voi m'inchino, signora.

DIA. (Che bella grazia!) (parte, guardando Isabella)

 

 

 


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