Carlo Goldoni
La donna di governo

[ATTO PRIMO]

SCENA QUARTA   GIUSEPPINA e il suddetto

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SCENA QUARTA

 

GIUSEPPINA e il suddetto.

 

GIU.

Serva, signore zio.

FAB.

Buon giorno, Giuseppina.

GIU.

Mi saprebbe ella dire, dove sia Valentina?

FAB.

Valentina è impegnata a fare i fatti suoi.

GIU.

Che vuol dir che stamane non vedesi da noi?

FAB.

Vuol dir che se con lei si manca di rispetto,

Tosto sarà forzata partir da questo tetto.

GIU.

Se n'andrà Valentina? (mostrando che le dispiaccia)

FAB.

Sì, certo; io ve lo dico.

GIU.

Vada, se vuol andare, non me n'importa un fico.

FAB.

Come! così si parla?

GIU.

Signor, ve ne offendete?

E qualcosa del vostro? s'è ver, nol nascondete.

S'ella è vostra parente, son pronta a venerarla,

Ma se non è che serva, posso ancor strapazzarla.

FAB.

Strapazzarla?

GIU.

S'intende!

FAB.

Provatevi, insolente.

GIU.

Se mi l'occasione, lo provo immantinente.

FAB.

Chi comanda qui dentro?

GIU.

Voi.

FAB.

Chi dipende?

GIU.

Io.

FAB.

Voi dovete obbedire.

GIU.

Al superiore mio.

FAB.

I superiori vostri sono io e Valentina.

GIU.

Valentina comanda ai piatti di cucina.

FAB.

Comanda in luogo mio a tutta la famiglia.

GIU.

Ditemi il ver, signore, è sposa vostra, o figlia?

FAB.

È donna di governo.

GIU.

Governi, e non comandi.

FAB.

È una donna di merito.

GIU.

Certo ha meriti grandi. (ironica)

Di lei più puntuale economa non vi è,

Risparmia pel padrone, e mette via per sé.

Il pane nella madia tien chiuso alle serventi,

E poi ne fa padrone le amiche e le parenti.

A ripulir la casa leva del sole innante,

E fa le sue faccende insieme coll'amante.

FAB.

Ah linguaccia, linguaccia! lo so perché parlate,

Lo so che quella donna con ingiustizia odiate.

Ella non è capace di queste iniquità.

GIU.

Io vi farò con mano toccar la verità.

FAB.

La veritade è questa. Sceglietevi uno stato.

GIU.

Io voglio maritarmi.

FAB.

Lo sposo io l'ho trovato.

GIU.

Giovane?

FAB.

Ha sessant'anni.

GIU.

Bravo, signore zio!

Quand'abbia a maritarmi, ci ho da essere ancor io.

FAB.

Ci sarete, sicuro.

GIU.

E quando ci sarò,

A un uom di sessant'anni dirò sul viso un no.

FAB.

Ed io vo dire un sì.

GIU.

Ditelo pure, e poi,

Quando l'avrete , lo sposerete voi.

FAB.

Fraschetta! dalle due uscir voi non potrete,

O sposatevi a questo, o in un ritiro andrete.

GIU.

Un zio non può tal legge imporre a una nipote,

A cui fu preparata dal genitor la dote.

Per me, per la sorella, signor, vi parlo chiaro,

Viver con voi fanciulle non ci saria discaro;

Ma star più non vogliamo sotto una governante,

Con aria da padrona ardita e petulante.

Costei che per il naso vi mena come un storno,

Questa donna di garbo conoscerete un giorno.

Ma pensateci voi, che noi ci abbiam pensato,

Vogliamo in pochi giorni eleggere lo stato;

E voi restate pure in pace e carità

Colla governatrice che vi governerà. (parte con una riverenza caricata)

 

 

 


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