Carlo Goldoni
La donna di governo

ATTO SECONDO

SCENA QUARTA   VALENTINA, poi FABRIZIO

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SCENA QUARTA

 

VALENTINA, poi FABRIZIO

 

VAL.

Dai segni e le parole certo poi dir conviene

Che il caro Baldissera mi stima e mi vuol bene.

Or sentirò se il vecchio di lui non dice niente;

Dica pur quel che vuole, l'aggiusto facilmente.

FAB.

Oh, vi ho trovato alfine. (un poco alterato)

VAL.

Son qui, che mi comanda?

FAB.

Si dovrebbe rispondere, quando il padron domanda.

VAL.

Mi ha chiamato?

FAB.

Ho chiamato. Sì, tre volte ho chiamato. (alterandosi)

VAL.

S'io v'avessi sentito, non avrei ritardato. (con ardire)

FAB.

Si diventa anche sordi, quando vi è qualche intrico.

VAL.

Di che cosa parlate?

FAB.

Eh, so io quel che dico.

VAL.

Vi è qualcosa di nuovo?

FAB.

Favorisca, signora,

Chi è venuto da lei stamane di buon'ora?

VAL.

È venuto... è venuto... che so io? il muratore,

Il fornaio, il facchino, il sarto ed il fattore.

FAB.

È venuto, è venuto! parlatemi sincera.

Non è da voi venuto un certo Baldissera?

VAL.

Ah ah, ve l'hanno detto! Ecco, se a questa porta

Viene a pisciar un cane, tosto a voi si riporta.

S'io dico una parola, s'io faccio un gesto solo,

Vanno tutto al padrone a raccontar di volo.

Non fan che sindicare tutte le azioni mie,

Ed il padron che ascolta, pascolo alle spie.

FAB.

Queste spie che vi spiacciono, dunque mi han detto il vero.

E se voi vi scaldate, vi sarà il suo mistero.

VAL.

Certo! a ragion mi scaldo; non può venir da me

Chiunque mi pare e piace? Tutto ho da dir? perché?

Chi sono in questa casa? Son schiava incatenata?

Di fare i fatti miei libertà mi è negata?

Non starei con un principe a tal condizione;

Trovatevi una donna, ch'io troverò un padrone.

FAB.

Ecco; basta ch'io parli, la sua risposta è questa:

Trovatevi una donna. Mi romperei la testa.

VAL.

Rompetevi anche il collo.

FAB.

Ingrata, menzognera.

Subito; vo' sapere chi è questo Baldissera.

VAL.

Senza scaldarvi il sangue, subito ve lo dico:

Codesto è un galantuomo, è un giovane pudico;

Un uom di buona grazia, che ha nobili talenti,

Nato di buona casa e d'ottimi parenti.

FAB.

Ha moglie?

VAL.

Signor no.

FAB.

Da voi per cosa viene?

VAL.

Perché fin da ragazzi ci siam voluti bene.

FAB.

E in faccia mia lo dite? Perfida! in faccia mia?

VAL.

Non si può voler bene senza che mal vi sia?

FAB.

Eh cospetto di bacco! ciò si può dire ai sciocchi.

A me voi non porrete la polvere negli occhi.

VAL.

Oh, voi siete un grand'uomo! uom veramente astuto!

Lo volete sapere, perché è da me venuto?

FAB.

Perché?

VAL.

Tutto l'arcano voglio vi sia svelato.

È venuto da me, perch'egli è innamorato.

FAB.

Meglio, corpo di bacco!

VAL.

Eh ben! che male c'è?

FAB.

È di voi innamorato?

VAL.

Chi vi ha detto di me?

Si vede ben che siete un uom pien di malizia.

All'amor che vi porto, voi fate un'ingiustizia.

Sì poco vi fidate di mia sincerità?

Povera sfortunata! Vo' andarmene di qua.

Se son gli affetti miei tutti gettati al vento,

Meglio è ch'io me ne vada, e soffra un sol tormento.

Sentirmi tutto il giorno rimproverare a torto,

Soffrire inutilmente le cose ch'io sopporto,

Essere malveduta da tutti in queste porte,

È una pena d'inferno, una continua morte.

FAB.

Ma se voi stessa... Io certo... finora io vi credea...

Son le vostre parole, che vi dimostran rea.

VAL.

Rea, signore, di che? rea sarà una zitella,

Perché di dar procura marito a una sorella?

La povera Felicita, che vedova è rimasa,

Signor, la conoscete, frequenta in questa casa.

Non ha nessuno al mondo che le procuri il vito,

Bisogno ha di soccorso, bisogno ha di marito.

Io so che Baldissera sarebbe al di lei caso,

Di prenderla per moglie alfin l'ho persuaso;

Ma le miserie sue, signor, già vi son note,

La povera infelice nulla può dargli in dote.

Sperai dal mio padrone, per me tanto amoroso,

Aver qualche soccorso per contentar lo sposo.

Volea di ciò pregarvi, ma con mio duolo io vedo,

Che nel cuor del padrone quella non son ch'io credo.

Voi di me sospettate, voi mi credete infida,

E vuole il mio decoro che da voi mi divida.

Andrò dove mi porta la sorte inviperita

A mendicare il pane colla sorella unita.

FAB.

Valentina. (placidamente)

VAL.

Signore. (fingendosi addolorata)

FAB.

È ver quel che mi dite?

VAL.

Me lo chiedete ancora? di dubitare ardite? (con un poco di sdegno)

FAB.

No, non dubito, o cara. Conosco il vostro affetto.

Per la vostra sorella qualcosa io vi prometto.

Bastano cento scudi?

VAL.

Eh, che un'ingrata io sono.

Con voi non istò bene.

FAB.

Vi domando perdono.

VAL.

Cento scudi mi offrite?

FAB.

Sì, l'offerta è sincera.

VAL.

(Saran buoni anche questi per darli a Baldissera). (da sé)

FAB.

Siete in collera meco?

VAL.

Non ho ragion, signore?

Sempre nuovi sospetti sento a svegliarvi in cuore.

Ma sì, vi compatisco, la causa è di coloro

Che vengon tutto il giorno a far l'uffizio loro.

V'intuonano l'orecchio con mille chiacchierate,

Di me vi dicon male, son lingue scellerate.

Ma se davver mi amaste, con lor cambiando tuono

Li mandereste tutti al diavol quanti sono.

FAB.

Sì, al diavol quanti sono li manderò, vel giuro.

Lo so che voi mi amate, lo so, ne son sicuro.

Di quel pensier ch'io nutro, presto verremo al fine;

E a chi di voi mi parla...

VAL.

Ecco le nipotine. (con ironia)

 

 

 


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