Carlo Goldoni
La donna di governo

ATTO TERZO

SCENA PRIMA   Appartamento delle due sorelle   GIUSEPPINA e ROSINA

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ATTO TERZO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Appartamento delle due sorelle

 

GIUSEPPINA e ROSINA.

 

GIU.

Sorella mia, conviene risolver qualche cosa.

Questa donna insolente è troppo ardimentosa,

E lo zio che non vede l'inganno e la malizia,

A noi per una serva commette un'ingiustizia.

ROS.

Veramente è una cosa che non si può soffrire,

E a quanti si racconta nessun la sa capire;

Ma io che sono furba, il perché ho penetrato.

Sorella, Valentina ha il suo padron stregato.

GIU.

Eh, scioccherie son queste. Rider mi fan le genti,

Quando sento parlare di certi stregamenti.

Le malie che ha costei col vecchio praticate,

Son delle donne scaltre le fraudolenze usate;

Ed io che osservatrice talora esser mi vanto,

So tutta la condotta del suo felice incanto.

Uditela, germana, e giudicate poi,

Se vi par ch'io sia furba un pochin più di voi.

Costei, venuta in casa per serva da cucina,

Si diede da principio a far la modestina;

In compagnia degli altri, o in camera soletta,

Stava cogli occhi bassi e colla bocca stretta,

E quando una parola sentia dir licenziosa,

Coprivasi la faccia, facea la scrupolosa.

Fatte le sue faccende con zelo ed attenzione,

A lavorar mettevasi nel quarto del padrone.

A ogni moto, a ogni cenno che in camera sentiva,

Col lavor nelle mani colà gli compariva.

Udiva i suoi comandi senza mirarlo in viso,

S'ei le dicea uno scherzo, ella facea un sorriso;

Quando di casa usciva e quando egli tornava

Ella il padron vestiva, ella il padron spogliava.

D'inverno intiepidiva i suoi vestiti al foco,

D'estate una camiscia metteva in ogni loco;

La mattina per tempo, appena risvegliato,

Era attenta a portargli al letto il cioccolato.

Sa ch'ei mangia di gusto, ed ella ogni mattina

Facea colle sue mani per lui la pietanzina;

La sera, stando seco quando l'avea spogliato,

Narravagli i successi di tutto il vicinato,

E avea la sofferenza, per star con esso unita,

Di giocar a tresette di un soldo alla partita.

Un poco di attenzione, un poco di ciarlare,

Un po' di buona grazia lo giunse a innamorare;

E quando ella s'accorse d'averlo innamorato,

Di diventar padrona la massima ha fondato.

Resa di giorno in giorno ardita sempre più,

Principiò a metter male dell'altra servitù.

Mostrando la spronasse il zelo ed i rimorsi,

Scoprì vari disordini nella famiglia occorsi;

Vedendo nel padrone far breccia i detti suoi,

Diedesi a metter male, e a mormorar di noi;

Ed il vero col falso meschiando in buona forma,

La massima gl'impresse di fare una riforma.

Credendola il buon vecchio donna di gran giudizio,

La trasse di cucina dall'umile esercizio.

Le diede della casa governo e direzione,

Cambiò vari domestici a sua requisizione.

Più del padrone istesso comanda in queste soglie;

Per quello che si dice, vuol prenderla per moglie.

E una semplice serva è giunta a questo segno

Sol colle stregherie d'un femminile ingegno.

ROS.

Per verità, sorella, voi dir sapete tanto

Ch'essere mi parete capace d'altrettanto.

GIU.

No, non son io capace d'usar simili inganni,

Ma li conosco, e bastami di ripararne i danni.

Ho avvisata di tutto nostra zia Dorotea:

Da noi verrà fra poco, saprà la nostra idea.

Ella che fu sorella di nostra madre, ha in mano

La ragion di difenderci contro d'un zio inumano.

ROS.

Se vien qui nostra zia, è tanto una ciarliera,

Che a strepitar principia, ed a gridar fin sera.

E s'ella in quest'incontro non modera il suo vizio,

Credetemi, sorella, nascerà un precipizio.

GIU.

Nasca quel che sa nascere, s'ha da finire un .

ROS.

Ma se la zia si scalda...

GIU.

Oh, per l'appunto è qui. (osservando fra le scene)

 

 

 


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