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LIS. Un servitore? Qual servitore, signora?
GIU. O l'uno, o l'altro di loro. O il cameriere, o alcuno degli staffieri.
GIU. Che cosa ho io da sapere? Non c'è nessuno in casa?
LIS. Non lo sa che il padrone li ha licenziati tutti, che li ha cacciati via sul momento, e che in casa non c'è più nessuno?
GIU. Perché una simile risoluzione?
LIS. Glielo direi; ma se glielo dico, va in collera.
GIU. Dillo pure; quel che è di fatto, non si può celare.
LIS. È di fatto, che il padrone ha licenziata la servitù, ed è di fatto, ch'egli l'ha fatto perché è sofistico e stravagante.
GIU. Ma con tutte le sue stravaganze, una ragione ci ha da essere stata.
LIS. Mi accorda che è stravagante?
GIU. Per accordartelo, convien ch'io sappia, se a ciò l'ha mosso stravaganza o ragione.
LIS. Sa ella perché li ha licenziati?
GIU. E perché?
LIS. Perché dice che portano ambasciate per la padrona a persone che a lui non piacciono; perché introducono liberamente tutti quelli che vengono, senza ch'egli lo sappia, e specialmente don Alessandro, e ha detto cose che non convengono né al suo carattere, né al di lei decoro; e perché voleano giustificarsi, li ha cacciati via subito, e li ha minacciati, se non partivano.
GIU. Ah! don Properzio vuol stimolarmi a qualche strana risoluzione.
LIS. È stravagante.
GIU. Sì, è stravagantissimo.
LIS. Nessuno.
LIS. Può essere che quegli ci sia.
GIU. Se c'è, digli che venga qui.
LIS. Basta ch'egli non sia con quel sofistico del padrone. Se è con lui, non gli parlo. Ha una maniera il padrone, che fa rabbia, che non si può soffrire. Non credo che in tutto il mondo vi sia un uomo più inquieto, più stravagante di lui. (Almeno ora la padrona mi lascia dire. Aveva una volontà di sfogarmi, che mi sentiva crepare). (parte)