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Don Properzio e don Alessandro
PROP. Chi ha troppa servitù, è mal servito. Sarebbe meglio averne un solo. (a don Alessandro)
PROP. Favorisca di grazia. Che intendeva ella dir questa mane, volendomi onorare dello specioso titolo di mediatore?
ALESS. Ah! signore. Io sono una vittima del dio Cupido.
PROP. E chi è la Venere che vi ha ferito?
ALESS. Donn'Aurelia è la bella fiamma che m'arde.
PROP. E che cosa c'entra mia moglie?
ALESS. Ella, per un impegno d'onore, legatomi a donn'Aspasia, minaccia ruine alla mia unica felicità.
PROP. (È tutto vero dunque quel che diceva la lettera).
ALESS. Deh! impietosite il cuore della vostra sposa. Fate voi ch'ella discenda dal puntiglio alla compassione. Sono acceso, sono afflitto, son disperato.
PROP. Sì, non temete, m'interesserò io.
ALESS. Caro amico. (vuol abbracciarlo)
ALESS. Un trasporto di gioia. (come sopra)
PROP. Lasciatemi stare. (si difende, e cade in terra il pollastro)
ALESS. Oh cieli! (osservando il pollastro)
ALESS. Un araldo felice de miei amori.
PROP. Sarà caduto dal soffitto.
ALESS. Vieni, o colomba di pace. (lo prende)
PROP. Non è una colomba, è un pollastro.