Carlo Goldoni
Lo scozzese

ATTO TERZO

SCENA SECONDA   Donna Giulia ed il suddetto.

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SCENA SECONDA

 

Donna Giulia ed il suddetto.

 

GIU. Compatite, don Alessandro, se vi ho fatto aspettare.

ALESS. Anzi son pien di rossore per l'impazienza del vostro incomodo. (Non so quel che mi dica).

GIU. (L'impazienza del vostro incomodo? Si può sentire di peggio?)

ALESS. (Mi par di essere in una fornace).

GIU. Che vuol dire, che siete così confuso?

ALESS. Vuol dire, signora, che l'eccesso della passione suscita nel mio seno una tempesta d'agitazioni.

GIU. Povero don Alessandro, vi compatisco; ma io mi lusingo di avervi procurata la calma.

ALESS. Ah! voi mi procurate il naufragio.

GIU. No, assicuratevi che mi preme la vostra pace.

ALESS. (Menzognera! Se potessi, la vorrei convincere col suo foglio).

GIU. Io spero che tutte le cose si accomoderanno senza inquietar me, e senza inquietar vostro padre.

ALESS. Senza inquietar mio padre? (con empito)

GIU. Sì, non è giusto che il buon cavaliere s'inquieti.

ALESS. (Oh! se potessi parlare!)

GIU. Anzi, per dirvi la verità, gli aveva scritta una lettera risentita, ma ho piacere di non averla spedita e di poterla sospendere, e forse forse cambiare.

ALESS. Avete intenzione di cambiar la lettera che avete scritta? (placidamente)

GIU. Sì, può essere che abbia motivo di farlo.

ALESS. Deh! per amor del cielo, cambiate una lettera così funesta, così barbara, così ingiuriosa.

GIU. Come potete voi sapere che la mia lettera fosse barbara ed ingiuriosa?

ALESS. Io non lo so... non so niente. Mi fa parlare il timore, la confusione.

GIU. Che cosa dubitate voi ch'io possa scrivere a vostro padre?

ALESS. Oh! signora mia, non saprei immaginarmelo. Non è possibile ch'io l'indovini.

GIU. Temete ch'io gli partecipi gli amori vostri per donna Aurelia?

ALESS. Non saprei... Questo è quello ch'io temo.

GIU. Non vi è pericolo.

ALESS. Non vi è pericolo? (con calore)

GIU. No certo.

ALESS. Credete dunque, o signora, che possa aderire mio padre alle nozze di donna Aurelia?

GIU. Sì, avrà piacere che donna Aurelia sia collocata, ed io sono impegnata per il di lei matrimonio. (ironicamente)

ALESS. E potrò io sperare di possederla?

GIU. Questo poi è un altro discorso.

ALESS. Qual altro ostacolo può frapporsi alle nostre nozze?

GIU. Vi potrebbe essere una picciola difficoltà.

ALESS. E quale mai?

GIU. Che, per esempio, donna Aurelia fosse ritornata in se stessa, che comprendesse non convenirle un tal maritaggio, e che vi supplicasse di abbandonare l'idea che avete sopra di lei concepita.

ALESS. Ah! donna Giulia, voi vi date ad immaginar l'impossibile. Donna Aurelia mi adora, per me si strugge, non vive che per amarmi, e non si nutre che colla speranza di possedermi.

GIU. Conoscete voi il carattere di donna Aurelia?

ALESS. Ella è di un carattere il più onesto, il più fedele, il più amoroso del mondo.

GIU. Io non parlo del carattere della persona. Dico, se conoscete il carattere della sua mano.

ALESS. Sì, ho delle lettere di sua mano, lo conosco perfettamente.

GIU. Leggete dunque, e disingannatevi. (gli un viglietto)

ALESS. Oimè! tremo, palpito, che sarà mai? Don Alessandro. Ho pensato alle circostanze del vostro stato e del mio. Voi avete degl'impegni da mantenere. Io non voglio espormi a disgrazie. Perciò vi supplico di scordarvi di me, avendo io già proposto e risolto di dimenticarmi di voi. (gli va mancando il fiato, e poi rimane ammutolito)

GIU. Siete ora convinto?

ALESS. No, non lo sono. Aurelia non può scrivere in cotal modo. Non nutre così barbari sentimenti un cuor amabile, un cuor sincero. Il carattere non può essere, e non sarà di sua mano.

GIU. Ardirete di dire, ch'io macchini un'impostura?

ALESS. Ve lo proverò col confronto. Ho degli altri fogli della mia bella, ne sarete or or persuasa. Vedremo ora s'ella abbia scritto. (cerca dei fogli in tasca, e gli esce quello di donna Giulia)

GIU. Come! (strappandogli la lettera di mano) Volete voi confrontarla col mio carattere, temendo forse ch'io abbia scritto in luogo di donna Aurelia? Ma che vedo? Questa è la lettera ch'io aveva destinata per vostro padre: come vi capitò nelle mani? come è in vostro potere? com'ella è aperta, dissigillata? Ah! cavaliere, vi abusaste dunque della mia buona fede, e ritrovata la lettera sul mio tavolino, ardiste di aprirla? Ora intendo le vostre smanie. Capisco ora la confusione dei vostri ragionamenti. Non aspettate più ch'io vi parli né di nozze, né di pontualità, né d'impegno; voi non siete capace di concepire la vera idea delle cose; scusatemi, vi manca il buon senso, e compiango la vostra infelicità. Sì, mi querelava con vostro padre e lo eccitava a distaccarvi dai nuovi amori, allorché vi supponea vincolato dalle insistenze di donna Aurelia. Or che la giovane vi ha conosciuto, e vi usa il trattamento che meritate, cambierò il foglio, consiglierò un padre prudente a richiamare un figliuolo che vuol far poco onore alla sua famiglia.

ALESS. Ah! donna Giulia, vi domando perdono.

GIU. Non vi credeva di sì poco senno.

ALESS. Insultatemi, che mi sta bene.

GIU. Non saprei qual titolo darvi.

ALESS. Ditemi sfortunato, e non fallerete.

GIU. Basta; scriverò a vostro padre.

ALESS. No, per amor del cielo.

GIU. E che cosa pensate di donna Aurelia?

ALESS. Donna Aurelia... Donna Aurelia non merita l'amor mio.

GIU. Sposerete voi donn'Aspasia?

ALESS. Non mi distaccherò dai vostri consigli.

GIU. Non ho motivo di compromettermi della vostra parola.

ALESS. Giuro da cavalier d'onore.

GIU. Un cavalier d'onore non apre le lettere di una dama.

ALESS. Perdonatemi, ve ne scongiuro.

GIU. Se vi cale del mio perdono, adoperatevi per meritarlo.

ALESS. Voi non avete che a comandarmi.

GIU. Andate tosto, e conducetemi qui un notaro.

ALESS. Signora... Io non ho cognizione di cotal gente; non saprò rinvenirlo.

GIU. Dite che non volete.

ALESS. Nulla più desidero che compiacervi.

GIU. Ricercatelo.

ALESS. Farò il possibile per obbedirvi.

GIU. Andate.

ALESS. Obbedisco.

GIU. Vi aspetto.

ALESS. Sarò sollecito. (parte)

 

 

 


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