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GIU. Son qui, vi domando scusa.
RID. Signore, non s'annoi d'avvantaggio. (chiedendo il poema a don Properzio)
PROP. Ci ho ritrovato gusto, è un capo d'opera.
GIU. Se ha che fare, signore, si serva. Ho qualche cosa da trattare con don Ridolfo. (a don Properzio)
PROP. Faccia pure; tratti, parli liberamente. Io non impedisco. Mi diverto a leggere questo bel sonetto.
RID. Sonetto, signore, a un poema di sessanta ottave?
PROP. Sì, come volete: questo bel poema di sessanta ottave.
PROP. (Ho curiosità di sentire, se donna Giulia gli promette di far per lui; non lo vo' perdere di vista. Non ho gran concetto della generosità dei poeti).
GIU. Don Ridolfo, io credo di essere in grado di poter stabilire la vostra fortuna.
RID. Il cielo volesse, signora. Mi raccomando alla vostra protezione.
GIU. Mi scrivono da Moscovia, che la Corte avrebbe bisogno di un poeta drammatico. V'impegnereste voi di riuscire in questo genere di poesia?
RID. Signora, io ho fatto de' drammi, e posso far vedere la mia abilità.
PROP. (Oh! signor poeta, se ciò succede, l'abbiamo da discorrere insieme).
GIU. La paga che offeriscono, è di mille rubli.
PROP. (Borbottando i versi del poema, mostra il compiacimento di questa proposizione)
RID. È arrivato ancora, signore, alla descrizione della farfalla? (a don Properzio)
PROP. Sì, bellissima! È proprio adattata per una canzonetta per musica.
PROP. Bravissimo. Questa sola val mille rubli.
GIU. (Don Properzio è capace di guastar ogni cosa). (da sé) Sentite. (a don Ridolfo, tirandolo in disparte) Io vi procurerò questa buona fortuna. Anzi vi farò subito far la scrittura da chi ha l'incombenza, e vi farò dare un quartale anticipato oltre l'occorrente pe 'l viaggio.
PROP. (Non sentendo quel che dice donna Giulia, si accosta bel bello per sentire)
RID. Questa per me è una beneficenza che mi dà l'essere.
GIU. Ma anche voi avete da fare qualche cosa per me.
PROP. (E per me ancora ce n'ha da essere).
GIU. Ci è quella povera donn'Aurelia, che fa compassione. Ha per voi della stima e dell'affetto. So che anche voi l'amate, ma le vostre comuni disgrazie non vi permettevano di accompagnarvi insieme... Ora che il cielo vi ha provveduto, mi obbligherete infinitamente sposandola, e conducendola con voi in Moscovia.
PROP. Che sproposito! (forte)
GIU. (Voltandosi, e vedendo don Properzio) Sproposito, signore? (a don Properzio)
PROP. Eh! dico che in questo verso ci è uno sproposito.
RID. E qual è questo sproposito?
PROP. Non sarà vostro, sarà del copista.
PROP. Sarà mio dunque. (seguita a borbottare i versi, ritirandosi)
RID. (Che tormento mi fa provare!) (verso don Properzio, da sé)
RID. Io veramente voleva bene grandissimo a donna Aurelia, e l'avrei sposata potendo; ma avendola veduta impegnata con don Alessandro...
GIU. Ciò non vi dia alcuna pena. La povera figliuola lo faceva per necessità. Don Alessandro è da lei solennemente licenziato, e son certa che sarete di lei contento.
PROP. (Si accosta, come sopra, per ascoltare)
GIU. (Si volta, e vede don Properzio) (Orsù, ho capito). Sentite, andate giù nell'appartamento terreno, colà troverete donna Aurelia. Io le ho parlato, ed è di ciò contentissima. Fate anche voi le vostre parti. Disponetevi a darle la mano, ed assicuratevi della mia gratitudine.
RID. Non ho coraggio di replicare ai vostri comandi.
RID. Signore, favorisca i miei versi. (a don Properzio)
PROP. (Eh! mille rubli non è picciola bagattella). (piano a don Ridolfo)
RID. (Ma per mantenersi a una Corte...)
PROP. (Corbellerie! mille rubli l'anno è uno stato da cavaliere).
RID. (E il peso della moglie...)
PROP. (In sostanza, non volete dar niente?)
GIU. Lasciatelo andare, signore. (a don Properzio)
PROP. Né anche questi non mi volete lasciare?
RID. Basta, se li vuol tenere, si serva (Convien dire che gli paiono buoni davvero). (parte)
PROP. (Questa carta mi può servire per involgere qualche cosa).