BER.
|
A
tavola, signori. Perché non vi cavate
La
spada ed il cappello? (a Claudio)
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CLA.
|
Ecco,
se il comandate. (si leva la spada ed il cappello, e dà ogni cosa a
Filippino)
|
BER.
|
A
tavola d'amici distinzion non si fa:
Ciascun
prende il suo posto con tutta libertà.
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ISI.
|
La
padrona nel mezzo.
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BER.
|
Eccomi,
sì signori. (siede nel mezzo)
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AGA.
|
Io
starò qui in un canto, lontano dai rumori. (siede nell'ultimo posto, a
dritta della tavola)
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LUC.
|
Io
vicino di voi. (a donna Berenice) Chi vien presso di me?
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BER.
|
Verrà
don Isidoro.
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LUC.
|
Starem
male.
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ISI.
|
Perché?
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LUC.
|
Siam
stati ancora insieme a qualcun altro invito,
E
mi ricordo ancora che mi avete stordito.
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ISI.
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Oh,
voglio rider certo, e chi non vuole, addio.
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BER.
|
Via,
da quest'altra parte venir potete. (a don Lucio)
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FIL.
|
Ed
io?
Compatisca
don Lucio, lo prego a capo chino,
Ma
qui ci vuò star io. (siede alla dritta di donna Berenice)
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BER.
|
Sedete
a lui vicino.
|
LUC.
|
No,
no, stia dove vuole, non gli vuò dare impaccio.
Egli
è un uom troppo caldo, ed io non son di ghiaccio.
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BER.
|
Orsù,
signori miei, le differenze in bando.
Venite
qui, don Claudio.
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CLA.
|
Sono
al vostro comando. (siede vicino a donna Berenice, alla sinistra)
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BER.
|
Sieda
ognun dove vuole.
|
ISI.
|
Io
di star qui destino. (siede presso don Claudio)
|
FIL.
|
(Ma
intanto il mio rivale se lo ha posto vicino).
|
LUC.
|
Sederò
in questo canto. (si pone in capo della tavola rimpetto a don Agapito,
alla sinistra)
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PIP.
|
Io
sto da tutti i lati. (va a sedere presso don Filiberto e don Agabito)
|
BER.
|
Grazie
al cielo, alla fine siam tutti accomodati.
Chi
vuol zuppa di voi? (a tutti)
|
LUC.
|
Date
a me il cucchiaione.
Voglio
presentar io.
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BER.
|
Volete
voi? Padrone. (fa passare il cucchiaione a don Lucio)
|
LUC.
|
Oh,
in questo non la cedo.
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ISI.
|
Se
il sa l'imperadore,
Vi
fa della famiglia mariscalco maggiore.
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LUC.
|
La
prima impertinenza. (dispensando la zuppa)
|
ISI.
|
Si
fa per allegria.
|
AGA.
|
Don
Lucio, della zuppa vorrei la parte mia.
|
LUC.
|
Di
qua nessun ne vuole; portatela di là. (dà il piatto a Filippino)
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FI.
|
(Porta
la zuppa dalla parte di don Agapito, levando il piatto che trovasi da quella
parte, e lo porta dove era la zuppa)
|
AGA.
|
Sia
ringraziato il cielo. (se la tira sul tondo)
|
PIP.
|
Noi
faremo a metà. (a don Agapito)
Adagio,
camerata; tutta per voi?
|
ISI.
|
Da
bevere.
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CLA.
|
Sì,
presto.
|
ISI.
|
Nella
zuppa vi han cacciato del pevere. (portano da bevere a don Isidoro)
|
LUC.
|
(Dispensa
un altro piatto)
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PIP.
|
Da
bevere. (forte)
|
FIL.
|
Un
po' presto si sveglia l'allegria.
|
BER.
|
Fate
valer, don Pippo, la vostra poesia. (portano da bevere a don Pippo)
|
PIP.
|
Subito,
all'improvviso. E perché son poeta,
Beverò
alla salute del signor Bocca fresca. (accennando a don Agabito)
|
AGA.
|
A
me? io non vi bado. (seguitando sempre a mangiare)
|
ISI.
|
Viva
quel che si stima
Un
poeta famoso, e non sa far la rima.
|
BER.
|
Basta,
basta per ora; se si va troppo innanti,
Le
rime, miei signori, saran troppo piccanti.
Sentite
quel ragù, che mi par eccellente.
|
LUC.
|
Oh
che bestialità! cattivo, e non val niente.
|
FIL.
|
Don
Lucio, compatitemi, questa è un'impertinenza.
|
LUC.
|
L'ho
detto, e posso prendermi con lei tal confidenza.
|
FIL.
|
Questa
è una confidenza che i limiti sorpassa.
|
LUC.
|
Fra
lei e me nessuno può saper quel che passa.
|
FIL.
|
Signora,
che interessi seco avete in segreto?
|
BER.
|
Eh
via, don Filiberto, vi prego di star cheto.
|
FIL.
|
Favorite
di dirlo, che lo vogliam sapere.
|
CLA.
|
Si
tace, se una dama comanda di tacere.
|
FIL.
|
Quando
una donna tace, vi è sempre il suo mistero.
|
BER.
|
Voi
vi piccate a torto.
|
LUC.
|
Io
saprò dire il vero.
Lo
dico in faccia a tutti.
|
BER.
|
Direte
una pazzia?
|
LUC.
|
Dirò
che Berenice dev'esser moglie mia.
|
FIL.
|
S'ella
è così, signora, la mia pretesa è insana. (s'alza)
|
CLA.
|
S'ella
è così, signora, la tolleranza è vana. (s'alza)
|
BER.
|
Voi
mentite, don Lucio.
|
LUC.
|
Un
mentitor son io? (s'alza)
Si
fa cotale insulto, cospetto! ad un par mio?
È
una donna che il dice, ma se un uom fosse quello...
|
FIL.
|
Io
per lei lo confermo.
|
LUC.
|
La
spada ed il cappello. (placidamente a Filippino)
|
BER.
|
Servite
il cavaliere. (a Filippino)
|
FI.
|
Subito,
immantinente.
|
LUC.
|
Mi
farò render conto del tratto impertinente.
|
FI.
|
La
spada ed il cappello. (dà tutto a don Lucio)
|
LUC.
|
Andiam.
(a Gamba, e parte)
|
BER.
|
Che
bel trattare!
|
GAM.
|
Ed
io, povero gramo, perduto ho il desinare. (parte)
|
ISI.
|
Son
finite le risse?
|
BER.
|
Or
resteremo in pace.
|
ISI.
|
Adunque
alla salute di quel che più vi piace.
|
PIP.
|
Bravo,
don Isidoro, questo brindisi è mio.
Son
io quel che le piace: alla salute di io.
È
rima, o non è rima?
|
BER.
|
È
una rima perfetta.
|
AGA.
|
Ehi
donna Berenice, che torta benedetta!
|
BER.
|
Voi
almeno mangiate senza sentir rumori.
|
AGA.
|
Badino
ai fatti loro; che gridino, signori. (mangiando)
|
BER.
|
Se
altro mangiar non vogliono, levate i piatti tutti.
|
AGA.
|
Questa
torta no certo. E non vi sono i frutti?
|
BER.
|
Che
mettano il desèr.
|
ISI.
|
E
le bottiglie ancora.
|
AGA.
|
(Io
di qua non mi levo nemmeno per un'ora).
(i
Servitori levano i piatti, e mettono il desèr)
|
FI.
|
Signor,
vuol favorire questa torta? (a don Agabito)
|
AGA.
|
Perché?
|
FI.
|
Vorrei
che ne restasse un poca anche per me.
|
AGA.
|
Tieni,
metà per uno.
|
FI.
|
Grazie
de' suoi favori.
|
ISI.
|
Bravo
quel don Agabito.
|
AGA.
|
Che
parlino, signori.
|
ISI.
|
V'invito
quanti siete, signori, in questo loco,
A
bere alla salute di quel che mangia poco.
|
PIP.
|
Io
rispondo per tutti. La notte canta il cuco.
Evviva
quel signore, che mangia come un lupo.
È
rima, o non è rima, cosa mi dite?
|
ISI.
|
È
un cavolo.
|
PIP.
|
Cosa
parlate voi? non ne sapete un diavolo.
|
FIL.
|
Ma
con qual fondamento colui ch'è andato via,
Ha
potuto vantarsi di simile pazzia?
Voglio
che sia uno stolto senz'ombra d'intelletto,
Ma
con qualche principio certo l'avrà già detto.
|
CLA.
|
Ho
dei sospetti anch'io, ma in grazia della dama
Taccio,
m'accheto e credo.
|
FIL.
|
Viltà
questa si chiama.
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CLA.
|
Non
m'insultate, amico.
|
BER.
|
Tacete
in grazia mia.
|
CLA.
|
Per
ubbidir, non parlo.
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FIL.
|
Tacere
è codardia. (s'alza)
A
vincer mi sfidaste un cuor di cui diffido.
A
discoprir l'inganno per parte mia vi sfido. (a don Claudio)
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BER.
|
Voi
andate agli eccessi.
|
ISI.
|
Eh
via che son freddure.
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PIP.
|
Che
dicono di sfida? (a don Agabito)
|
AGA.
|
Che
si battano pure.
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BER.
|
E
avete cuore, ingrato, di perdermi il rispetto? (a don Filiberto)
|
FIL.
|
Con
don Claudio io favello.
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CLA.
|
Io
la disfida accetto. (s'alza)
Sostengo
che la dama è una dama d'onore,
E
chi pensa il contrario, dico ch'è un mentitore. (vuol partire)
|
FIL.
|
Chi
ha la ragione o il torto, vedrassi al paragone. (vuol partire)
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BER.
|
Ah,
che va in precipizio la mia conversazione.
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ISI.
|
Scherzano,
o fan davvero? è una disfida, o un gioco?
Non
vuò guai, voglio ridere; andrò in un altro loco. (parte)
|
PIP.
|
Andrò
da un'altra parte, l'aria non fa per me.
Lo
vedrò un'altra volta il Libro del perché. (parte)
|
AGA.
|
La
tavola è finita. Sono partiti tutti.
Vado
anch'io, vuò pigliarmi quattro di questi frutti. (prende dei frutti, e
parte)
|
FI.
|
Portate
via la tavola, che or ora il cavalier
Porta
via le salviette, i piatti ed il desèr. (parte)
(I
Servitori levano tutto)
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