Carlo Goldoni
La donna sola

ATTO QUARTO

SCENA DODICESIMA

Precedente

Successivo

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

SCENA DODICESIMA

 

Donna Berenice e Don Lucio.

 

LUC.

Voi mi badate poco, cara signora, e invano

Questo foglio m'invita.

BER.

Perché tenerlo in mano?

LUC.

Per poter far constare la ragion che mi guida

A venir dove nacque il punto di disfida.

BER.

Lasciate ch'io vi parli con vero amor sincero:

Voi siete poco cauto, e poco cavaliero.

Mostrar vorrete a quelli che forse non lo sanno

Le beffe che di voi dai discoli si fanno?

Il testimon vorrete mostrar nel foglio espresso

Del disprezzo che serba il mondo di voi stesso?

Quel che dentro ho scritto, a voi lo posso dire:

Non lo direi ad altri, a costo di morire.

Volano le parole, lo scritto ognor rimane,

E son di un foglio a vista tarde le scuse e vane.

Più di quanto fu detto di voi dal volgo insano,

Pregiudicar vi puote chi ha quella carta in mano.

E se talun con arte ve la rapisce un giorno,

E se girar si vede la bella carta intorno,

Quale ragione avrete contro un sì fatto imbroglio?

Arrossirete in volto. Datelo a me quel foglio. (glielo leva di mano)

Note pericolose vadano col demonio. (lo straccia)

(Così dell'arte mia perito è il testimonio). (da sé)

LUC.

Volea, pria di stracciarlo, concludere l'istoria.

BER.

Eh, favellar possiamo, che l'ho tutto a memoria.

LUC.

Dunque di me si dice...

BER.

Superfluo è il replicarlo

Di quel che già leggeste, con fondamento io parlo.

Or che da me tornaste, è ogni rival smentito:

Non resta che vedervi di nuovo stabilito.

LUC.

Qual condizion mi offrite, perché in impegno io resti?

BER.

Da me voi non avrete che giusti patti e onesti.

LUC.

A buone condizioni di accomodarmi assento.

Io fo due patti soli, voi fatene anche cento.

Il primo, che don Claudio e che don Filiberto

In questa casa vostra non vengano più certo.

Ed accordato il primo, questo sarà il secondo:

Voglio che siate mia, quando cascasse il mondo.

BER.

Due patti voi faceste, due ne vo' fare anch'io.

Il primo, in casa mia vo' fare a modo mio.

Ha da venir don Claudio, verrà don Filiberto,

Che son due cavalieri degnissimi, e di merto.

Secondo: di sposarmi non vo' sentire,

E tanto e tanto in casa don Lucio ha da venire.

LUC.

Io?

BER.

Sì, voi.

LUC.

Con tai patti?

BER.

Con questi patti appunto.

LUC.

V'ingannate di grosso.

BER.

Or mi mettete al punto.

LUC.

Credete di don Pippo ch'io abbia l'intelletto?

BER.

Don Pippo è un galantuomo, portategli rispetto.

LUC.

Tutti di me più degni.

BER.

Tutti egualmente io stimo;

E fra color ch'io venero, forse voi siete il primo.

Sì, don Lucio carissimo, avete un non so che,

Che mi obbliga all'estremo, e non so dir perché.

Non so che non farei per dimostrarvi il cuore,

Ma poi pensar dovete ch'io son dama d'onore.

Cosa mi costerebbe il licenziar repente

Quei due che vi dispiacciono? Ve l'accerto, niente.

Pensate voi ch'io li ami? Lo dico fra di noi:

Per me non li trattengo, li trattengo per voi.

LUC.

Per me, che deggio farne?

BER.

Eh, lasciate ch'io dica.

Vedrete se vi sono sincerissima amica.

Spiacemi aver stracciato quel foglio, ma non preme:

I pezzi lacerati si ponno unire insieme.

Ma nemmeno, nemmeno; la memoria ho felice,

La carta è lacerata, ma so quel ch'ella dice.

Caro don Lucio, il mondo v'invidia malamente,

Potete in certi luoghi andar difficilmente.

La nobiltà vi sfugge, le dame principali

(Compatite, di grazia) voglion trattar gli eguali:

E i loro cavalieri, per far la bella scena,

In grazia delle donne vi voltano la schiena.

Qui ritrovate un numero di cavalier stimati,

Ciascun coi suoi difetti, però tutti bennati;

In grazia mia vi soffre ciascuno volentieri,

Mangiate in compagnia, giocate ai tavolieri;

E quei che qui vi trattano, fan poi questo buon frutto,

Che in forza d'amicizia vi trattano per tutto.

Se di scacciarli tutti vi dessi or la parola,

Cosa fareste al mondo voi solo con me sola?

Nessun ci guarderebbe, ed io sarei forzata

Privarmi di don Lucio per essere trattata.

Ma il mio caro don Lucio tanto mi preme e tanto,

Che fargli degli amici vo' procurarmi il vanto;

E vo' che il mondo sappia, e vo' che il mondo dica:

Sì, Berenice infatti è di don Lucio amica.

LUC.

Resto convinto appieno: il pensier vostro io stimo.

BER.

(Tu non sarai a credermi né l'ultimo, né il primo). (da sé)

LUC.

Ma perché non potrebbesi aver tal compagnia,

Ancor ch'io vi sposassi, ancor che foste mia.

BER.

Trattar mi converrebbe il vostro parentado,

E dicon, perdonate, sian gente di contado;

E i cavalieri istessi che or vengono a onorarmi,

Avrebbono in tal caso riguardo a praticarmi.

LUC.

Mi date del villano così placidamente.

BER.

Eh via, zitto, don Lucio, che nessun non ci sente.

LUC.

Ma se vo' maritarmi, non l'ho da far per voi?

BER.

Aspetto a questo passo di rispondervi poi.

È un articolo questo, che voi sol non impegna.

Darò a ognun la risposta che la ragion m'insegna.

LUC.

Datela dunque.

BER.

E presto.

LUC.

Quando l'avrò?

BER.

Sta sera.

LUC.

Siete una donna accorta.

BER.

Ma però son sincera.

 

 

 


Precedente

Successivo

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA1) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License