Carlo Goldoni
Le donne di buon umore

ATTO PRIMO

SCENA TERZA   Costanza, poi Felicita in maschera con bautta

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SCENA TERZA

 

Costanza, poi Felicita in maschera con bautta.

 

COST. Fa per conservarsi bene la poverina. La compatisco. È una gran cosa per noi quell'aver da diventar vecchie. Quando ci penso, mi vengono i sudori freddi.

FELIC. Serva, signora Costanza.

COST. Serva sua, signora Felicita.

FELIC. Coll'occasion della maschera, son venuta un poco a vedervi.

COST. Mi avete fatto piacere. Gran bel comodo è in Venezia la maschera. Ecco qui, una donna civile, quand'è maritata, può andar sola a far le sue visite, o far gli interessi suoi, senza una menoma osservazione.

FELIC. Saranno oramai tre ore che io sono in giro.

COST. Brava davvero! So pure che siete restata al festino dopo di me.

FELIC. Sì certo, ed ho ballato sin giorno.

COST. Accomodatevi, sarete stanca.

FELIC. Non sono stanca, ma sederò volentieri. (siedono)

COST. Quante ore avete dormito?

FELIC. Niente. Non ho nemmeno toccato il letto. Terminata la festa, m'immascherai, come mi vedete. Andiedi a casa, mi accostai alla camera. Intesi che mio marito ronfava, ed io senza disturbarlo me l'ho battuta.

COST. Sarete piena di sonno.

FELIC. Tornerei ora a ballare, fresca fresca come una rosa.

COST. Ci sarei stata anch'io volentieri fino al termine della festa, ma avevo meco quella anticaglia della signora zia, e per compassione di lei ho dovuto partire.

FELIC. Dorme la vecchiarella?

COST. Oibò! È alla tavoletta, che si mette in gala.

FELIC. Avete veduto ieri sera al festino come faceva le carte col contino Rinaldo?

COST. Se l'ho veduta? E come! Vi assicuro che mi facea venir male.

FELIC. E quel caro Conte, come la prendeva bene per mano!

COST. Eh, il contino Rinaldo è un giovine che sa fare lo spiritoso. Fa il bello con tutte, e con tutte si prende la libertà di scherzare. Ma se mi ci viene, lo vuò burlare ben bene.

FELIC. In queste cose ci sono ancor io. Troviamo qualche invenzione bizzarra per cavarci spasso di lui. Facciamolo un po' stare questo bell'umorino. Già siamo di carnevale; qualche cosa è lecito in questi tempi, che in altro tempo non si farebbe. Basta che siano divertimenti onesti.

COST. Sentite quel che ho pensato, per farlo un po' disperare. Voglio formare una lettera a lui diretta, piena di affetti e di tenerezze, lodando in essa il suo merito e le sue bellezze, e voglio fargli capitare la lettera al caffè dove pratica, senza ch'ei possa rilevare chi l'abbia scritta. Poi tutte due mascherate andiamo al caffè e sentiamo un poco l'effetto che produrrà questa lettera.

FELIC. Sì, va bene; ma facciamo qualche cosa di più. Facciamogli credere, che alcuna di noi sia innamorata di lui. Teniamolo qualche tempo in speranza, e poi facciamolo rimanere burlato.

COST. Sì sì, colla scorta vostra posso prendermi qualche maggior libertà. Ecco la cioccolata. Bevetela, che intanto vado a formar la lettera che ho divisata... Mi viene un'altra cosa nel capo. Ve la dirò al ritorno. Trattenetevi, che ora vengo. (Il Conte non mi dispiace. Potrebbe anche darsi che lo scherzo non mi riuscisse inutile affatto). (da sé, e parte)

 

 

 


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