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SCENA PRIMA
MAR. Venga, venga, signor Leonardo, che non ci è nessuno.
MAR. Nessuno. Posso dir di esser sola. Ci è il vecchio, che non esce mai, ma come se non ci fosse; è sordo, e possiamo parlare con libertà.
LEON. Mia moglie non è stata qui?
MAR. Sì signore, la signora Felicita ci è stata. Ma è andata a spasso colla mia padrona.
LEON. Quella donna mi vuol far perdere la pazienza.
MAR. Per dire la verità, io non so come la sopportiate. Tutto il giorno in maschera; ogni sera al teatro, ogni notte al festino.
LEON. Ed io, pover'uomo, all'alba in piedi. Tutto il giorno al negozio, e a un'ora di notte in letto.
MAR. Volete che ve la dica? Siete un uomo di stucco.
LEON. Signora Mariuccia, vi prendete un poco troppo di libertà.
MAR. Oh, io son una che parla schietto. Quando voglio bene a uno, parlo col cuore in bocca.
LEON. Che! Mi volete voi bene?
MAR. Lo mettereste in dubbio? Se così non fosse, non lo direi.
LEON. Cara Mariuccia, vi ringrazio della bontà che avete per me; ma pensate che io sono ammogliato, e che voi siete ancora zitella.
MAR. Eh! non si può voler bene senza malizia? Non crediate già, che io lo dica per qualche cosa di male. Vi amo, come se foste mio padre; mi parete un buon uomo, e non so dire che cosa non farei per la vostra persona.
LEON. (Mi par di buon cuore. Se fosse così mia moglie, felice me!) (da sé)
MAR. (Non ci penso un fico di lui. Ma se posso, voglio far disperare sua moglie). (da sé) Perché non venite a ritrovarmi più spesso?
LEON. Ci verrei volentieri, ma ho delle faccende non poche; son solo in casa, e mi conviene tirar la carretta.
MAR. E spende, e giuoca, e butta via i danari miseramente.
LEON. E se io spendo un testone, grida, strepita, e mi salta agli occhi.
MAR. In verità, non faccio per dire, ma siete un gran bernardone.
LEON. Ma voi mi strapazzate.
MAR. Vi parlo così per amore. Quando voglio bene, non mi posso tenere.
LEON. Basta, vorrei che venisse questa cara mia moglie.
LEON. Vorrei, vorrei... vi dirò. Siamo ora senza serva in casa, perché con lei nessuna ci può stare più di otto giorni. Ieri la mia signora ha portate via le chiavi del burrò, dell'armadio, della credenza, ed io per non far strepito sono andato a dormir senza cena. Questa mattina l'ho aspettata finora. Ho fame, e non ho un maledetto quattrino per provedere il bisogno.
LEON. Ma non mi strapazzate.
MAR. Niente, niente, aspettate. Finché ritorna la signora Felicita, volete che io vi faccia una buona zuppa?
MAR. Sì, nel brodo di cappone; e con del buon parmigiano sopra.
LEON. Non vorrei...
LEON. Ma voi sempre...
MAR. Zitto, zitto, aspettate. Vado a ordinar la zuppa, e vi scalderete un poco lo stomaco. Vi hanno portate via le chiavi? Uh povero alocco! (parte)
LEON. È bella di costei, che non sa far altro che maltrattare. Ma non mi pare la cosa cotanto strana. Sono avvezzo da mia moglie a soffrir di peggio.
MAR. (Ritorna con salvietta, tondo e posata) Fino che bolle il brodo, e che si bagna la zuppa, voglio preparare quel che bisogna per il mio caro signor Leonardo. Aiutatemi a tirar innanzi quel tavolino. (tutti due tirano il tavolino innanzi)
MAR. Ci è il sordo, ma non sa niente.
LEON. Non vorrei che dicesse...
MAR. Ma siete il gran maccherone.
MAR. Sedete, ch'è qui la zuppa. (un Servitore porta la zuppa, e Mariuccia lo fa sedere per forza)
LEON. (Che si ha da fare? Giacché ci sono, non voglio dire di no). (da sé)
MAR. (Pagherei uno scudo, che venisse ora sua moglie). (da sé)
MAR. State saldo: non abbiate soggezion di nessuno.
LEON. Ma non vorrei... (vuole alzarsi)
MAR. Fermatevi, Bertoldino. (lo fa sedere, e va a veder chi viene)
LEON. Mi farebbe venir la rabbia; ma mandiamola giù. (mangia)
LEON. Chi è?
MAR. Il signor Battistino; l'amante della signora Pasquina, quel stolido, quel scimunito.
LEON. Mi dispiace. Non vorrei lo dicesse a mia moglie.
MAR. E non volete ch'io vi tratti da babbuino?