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CAV. Ma signora Costanza, quel povero conte Rinaldo mi fa pietà.
CAV. Langue, muore, sospira per voi, e per conforto delle sue pene, gli convien godere le malagrazie di quella vecchia insensata.
COST. Caro signor Cavaliere, perché non sollevate l'amico? Perché non vi mettete voi al fianco della signora Silvestra, acciò il povero Conte possa venir qui a consolarsi?
CAV. Per un poco mi sono provato di farlo, ma per dire la verità, non vorrei che questa buona vecchia si lusingasse, e avess'io da fare la parte ridicola nelle conversazioni.
COST. Certo, se fosse una giovane, il signor Cavaliere la servirebbe assai volentieri.
CAV. Vi dirò, signora, colle giovani tratto, converso, e ci sto con soddisfazione. Ammiro le belle, mi piacciono le spiritose, ma procuro di essere universale. Servitù positiva non la vo' prestare a nessuna. L'ho provata che basta, so il sistema che corre, e non mi c'impegno mai più.
COST. Vi pare sì gravosa la servitù civile, che si suol prestare a una donna?
CAV. Una bagattella! Mi ricordo i precetti di madama Bignè nella commedia intitolata Il Cavalier giocondo.
FELIC. Li ho sentiti: cose sciocche, non concludono niente.
CAV. Li avete sentiti in verso, o in prosa?
FELIC. In prosa, in prosa; in verso non li avrei ascoltati.
COST. Li sentirei volentieri questi gran precetti, che vi spaventano.
CAV. Li so a memoria; se volete, ve li dirò.
FELIC. Con vostra buona licenza, io non voglio sentir questa seccatura. (parte)