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COR. (Che sento!) (in disparte)
ROS. Non poteva risolver meglio.
COR. (Ora è tempo di porre in opra l'artifizioso viglietto). (da sè)
FLOR. Vedo, signor Ottavio, che siete un uomo savio e prudente, ed io sono un galantuomo, e son qui prontissimo a dar la mano...
COR. Piano, piano, signori: prima di concludere, ascoltino due parole.
COR. Può essere che c'entri meglio di lei. (a Beatrice)
OTT. Via, lasciatela parlare; dite quel che volete dire.
COR. Il signor Florindo non può dar la mano di sposo ad alcuna donna, senza mia permissione.
ROS. Oimè!
OTT. Come?
FLOR. Come lo potete voi sostenere? (a Corallina)
COR. E voi medesimo lo domandate?
BEAT. Bisogna ben sapere il perché.
COR. Perché a me ha dato fede di sposo.
OTT. Corpo di bacco!... (infuriato)
FLOR. Ciò non è vero. Ho detto qualche parola per ischerzo; ma cose da nulla, cose che non concludono niente affatto.
COR. Cose da nulla? Cose che non concludono? Osservi, signor Florindo, questa sottoscrizione è sua?
FLOR. Sì, è mia. Che sì, ch'egli è quell'obbligo dei cinquanta zecchini? Sì, signori, confesso la verità. Avevo necessità di denari; ella mi ha prestati quaranta zecchini, ed io le ho fatto una ricevuta di cinquanta. Ma sono un galantuomo: i vostri denari eccoli qui, li ho preparati; ve li do, e voi rendetemi la mia obbligazione. (le dà una borsa, ella la prende)
OTT. Donde avete avuto quel denaro? (con collera a Corallina)
COR. L'ho vinto al lotto. Voi come c'entrate nella roba mia?
OTT. Basta... voleva dire... (Che me li avesse rubati a me?) (da sé)
BEAT. E che sì, che li avete guadagnati con una cinquina? (accenna con cinque dita)
ROS. E così, quando il signor Florindo vi ha pagato, è finita.
FLOR. Rendetemi l'obbligo che vi ho fatto.
COR. Signor no, il suo obbligo non consiste nel denaro, ma nella fede di sposo.
COR. Son pazza? Sentite, signori, s'io sono pazza. Confesso io sottoscritto aver avuto in prestito dalla signora Corallina degli Graziosi...
BEAT. (Sputa con caricatura, raschiandosi)
COR. È raffreddata, signora? Recipe sugna di bosco...
FLOR. Erano quaranta; ma non importa, ne ho resi cinquanta.
COR. Eh, questo non è niente. Ora viene il buono. Ha poca memoria il signor Florindo. E per gratitudine di tanti benefizi ricevuti...
COR. Si contenti. Prometto e giuro darle la mano di sposo.
COR. Osservi, signor Ottavio: questo è il suo carattere. Florindo degli Aretusi affermo.
FLOR. La sottoscrizione è mia; ma qui non ho scritto io.
COR. Oh bella! in queste cose, siccome in tante altre, basta la sottoscrizione.
OTT. (Son fuori di me). (da sé)
FLOR. La sottoscrizione è fatta per i denari. Dove parla dei denari ho scritto io: il resto è aggiuntato. Non so niente. È una bricconata.
COR. Il carattere è tutto vostro.
FLOR. Imita il mio, ma non è mio.
COR. La sottoscrizione non si fa distante così dall'estesa dell'obbligo. Voi non siete così ignorante. Eccolo qui il viglietto d'obbligazione. Mi avete promesso; siete in impegno meco, e senza licenza mia...
OTT. Se avessi una spada, ve la caccerei nel cuore. (a Florindo)
FLOR. Ma se non è vero niente.
COR. Sì, sì, difendetevi se potete. Via signora, lo sposi adesso il suo caro Florindo. (a Rosaura)
ROS. Mortificatemi, che avete ragion di farlo. Perfido, non avrei mai creduto vedermi da voi tradita.
FLOR. Non è vero, ve lo giuro...
ROS. Non più, ingannatore, bugiardo. (parte)
OTT. Tuo danno, pazzerella. (dietro a Rosaura)
FLOR. Senti, tu me la pagherai. Quella carta me la renderai a forza. (a Corallina, e parte)
OTT. (Prende una sedia per tirargliela dietro)
BEAT. Tutto per causa tua, ma la discorreremo (a Corallina, e parte)