Carlo Goldoni
La donna vendicativa

ATTO TERZO

SCENA ULTIMA

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SCENA ULTIMA

 

Rosaura e detti.

 

ROS. Perfida Corallina, voi mi volevate tradire.

COR. Sì, volevo tradirvi. Volevo darvi nelle mani del signor Lelio, togliervi per sempre a quelle del signor Florindo, unicamente per vendicarmi di lui. Son dominata dallo spirito della vendetta. Questa mi ha fatto scordare de' miei doveri, del bene avuto dal mio padrone, e quanto potevo da lui sperare. Per eseguire la mia vendetta, non ho avuto ribrezzo a mettere a repentaglio l'onor suo, la sua unica figlia, e la sua vita medesima.

OTT. Oh indegna! Se non ci fossero i sbirri...

COR. Anderò io stessa a darmi nelle loro mani; mi accuserò io medesima delle mie colpe; le aggraverò anche di più per essere maggiormente rea, per meritare anche la morte. Ecco gioje, ecco danari, tutti rubati al padrone: tutti frutti delle mie frodi, dell'arte mia. Sì son rea di tanti delitti, ognuno de' quali mi rende odiosa, mi rende indegna di vita.

OTT. Ah, se non fossescellerata!

ROS. Mi fa piangere.

COR. Signori, v'è nessuno di voi che mi dia un colpo, e mi tolga da tante pene? No? Anderò io nelle mani degli sbirri.

OTT. No, fermatevi.

ROS. No, Corallina, venite qua.

LEL. Eh, lasciatela andare. Ella è causa di tutto.

OTT. Voi non c'entrate a parlare, e se nessuno merita esser punito, lo siete voi, che temerariamente veniste...

LEL. Parlate bene, che giuro al cielo...

OTT. V'ammazzerò...

FLOR. Badate: ci sono i sbirri.

OTT. Avete ragione... (a Lelio)

COR. Tutto per causa mia! Signori, lasciatemi andare.

OTT. No, non voglio che tu sia punita. Lo meriti, ma non voglio.

ROS. Per me vi perdono.

FLOR. Ed io pure.

OTT. Ah, non lo meriti; ma ti perdono ancor io.

ARL. Vado subito a licenziar i sbirri. (parte)

COR. Oh cielo! Mi perdonano tutti?

OTT. Sì, tutti, fuori che quella bestia. (accennando Lelio)

LEL. Sì, le perdono ancor io, animalaccio da carro.

COR. Mi perdonano tutti?

FLOR. Non avete sentito? Tutti.

COR. Oimè, l'allegrezza mi leva il respiro. Non merito tanto bene, non merito tanta carità. Caro signor padrone...

OTT. Ti perdono, ma fuori di casa mia.

LEL. Oh cane rabbioso! (ad Ottavio)

COR. Ha ragione il signor Ottavio. Più non merito la sua casa, l'amor suo, la sua grazia. È anche troppo per me un generoso perdono. Anderò in villa, dove son nata; finirò i giorni miei come merito, e mi ricorderò a mio rossore che ho perduta la mia fortuna, per essere stata una Donna Vendicativa.

 

Fine della Commedia

 

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