Carlo Goldoni
Le donne curiose

ATTO TERZO

SCENA SETTIMA

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SCENA SETTIMA

 

Arlecchino dalla porta, con un tondo in mano con delle paste sfogliate; e dette.

 

ARL. (Entrando s'incontra in Beatrice, e resta sospeso)

BEAT. Zitto. (ad Arlecchino)

ARL. Cossa feu qua?

ELEON. Zitto.

ARL. Se i ve vede, poverette vu.

COR. Bada bene, non dir nulla.

ARL. Per mi no parlo. Vag a metter via ste bagattelle, e po torno.

COR. Che cosa sono?

ARL. Quattro sfoiade: i mi incerti.

COR. Lascia un po' vedere. (ne prende una)

ARL. Bon! Comodève.

COR. Oh com'è buona!

BEAT. Lascia sentire. (ne prende un'altra)

ARL. Padrona.

ELEON. Con licenza. (ne prende anch'essa una)

ARL. Senza cerimonie.

ROS. Ed io niente?

ARL. Se la comanda, la toga questa.

ROS. Per sentirla. (prende la pasta sfogliata)

ARL. Cussì ho destrigà el piatto presto. Torno a oselar4.

COR. Portami qualche cosa di buono.

ARL. Andè via, siora, che se i ve vede...

BEAT. Non dir niente.

ARL. Non parlo. (entra e chiude la porta)

BEAT. Andiamo via, prima d'essere scoperte.

ELEON. Sì, sarà meglio.

ROS. Andiamo, che il signor Florindo non abbia motivo un'altra volta di rimproverarmi.

COR. Un'occhiatina, e vengo. (corre alla porta)

BEAT. Via, curiosa!

COR. Oh bello! (guardando)

BEAT. Che cosa c'è di bello? (torna verso la porta)

COR. Il deser.

ELEON. Il deser? (verso la porta)

ROS. Con i lumi?

COR. Bello, di cristallo, coi fiori. Pare un giardino.

BEAT. Voglio vedere.

ELEON. Voglio vedere.

ROS. Ancor io. (tutte s'accostano e sforzano per vedere, onde si spalanca la porta ed escono)

 





p. -
4 A uccellare, a buscar qualche cosa.



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