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SCENA PRIMA
Rosaura e Colombina, tutte due alla tavoletta, che si assettano il capo.
ROS. Signora Colombina garbata, mi pare che l’obbligo suo sarebbe, prima di mettersi in tante bellezze, di venire ad assettare il capo alla sua padrona.
COL. Signora, l’obbligo mio l’ho fatto: vi sono stata dietro due ore ad arricciarvi, frisarvi e stuccarvi: ma se poi non vi contentate mai, e vi cacciate per dispetto le dita ne’ capelli, io non vi so più che fare.
ROS. Guardate mo che presunzione! Voler lasciar me arruffata, per perdere il tempo intorno a se medesima.
COL. E che! non ho io forse de’ capelli in capo, come ne avete voi?
ROS. Sì, ma io son la padrona, e tu sei la serva.
COL. Oh, di grazia, non mi fate dire.
ROS. E bada a durare. Or ora verrà lo sposo che si attende a momenti, e mi troverà in questa maniera.
COL. Anch’io, signora, aspetto lo sposo, e mi preme di comparire.
ROS. E ti vuoi paragonare con me, sfacciatella che sei?
COL. Ehi, signorina, non mi perdete il rispetto, sapete, che ve ne pentirete.
ROS. Impertinente, levati, o ti farò levare con un bastone.
COL. Poter del mondo! a me un bastone? (s’alza)
ROS. Così rispondi alla padrona? Disgraziata, lo dirò a mio padre.
COL. Che padrona! Che padre! Eh, signorina, ci conosciamo.
ROS. E che vorresti dire, bricconcella?
COL. Alto, alto con questi titoli, che se mi stuzzicherete, vomiterò ogni cosa, sapete.
ROS. Via, parla; che puoi tu dire, bugiarda?
COL. Posso dire... basta. Se ho taciuto finora, adesso non voglio tacere.