Carlo Goldoni
I due gemelli veneziani

ATTO PRIMO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Strada.

 

BEATRICE da viaggio, con un SERVITORE, e FLORINDO

 

BEAT. Tant’è, signor Florindo, io voglio tornar a Venezia.

FLOR. Ma perché una risoluzione così improvvisa?

BEAT. Sono ormai sei giorni ch’io sto attendendo il signor Tonino, con cui passar dovevo a Milano; e non per anco lo vedo a comparire. Dubito che siasi pentito di seguitarmi, oppure che qualche strano accidente non lo trattenga in Venezia; senz’altro voglio partire, e chiarirmi in persona di questo fatto.

FLOR. Ma questa, perdonatemi, è un’imprudenza; volete ritornar a Venezia, da dove, per consiglio del signor Tonino, siete fuggita? Se vi trovano i vostri parenti, siete perduta.

BEAT. Venezia è grande: s’entra di notte: farò in modo che non sarò conosciuta.

FLOR. No, signora Beatrice, non isperate ch’io vi lasci partire. Il signor Tonino a me vi ha indirizzata, a me vi ha raccomandata, ho debito di trattenervi, ho debito di custodirvi; così vuole la legge dell’amicizia (e così richiede la forza di quell’amore, che a lei mi lega). (da sé)

BEAT. Non vi lagnate, se ad onta del vostro volere mi procaccio da me stessa il modo di partire. Saprò trovare la Posta, e saprò col mio servo ritornare a Venezia, se con esso sono venuta a Verona.

FLOR. Oh, questo sì che sarebbe il massimo degli errori. Non mi diceste voi stessa che un certo Lelio per viaggio vi ha di continuo perseguitata? E non l’ho veduto io stesso qui in Verona raggirarsi sempre d’intorno a voi, a segno tale che più volte ho quasi seco dovuto precipitare? Se tornate a partire, ed egli giunge a penetrarlo, non vi esimerete da qualche insulto.

BEAT. Una donna onorata non teme insulti.

FLOR. Ma una donna sola con un servitore per viaggio, per quanto sia onorata, fa sempre una cattiva figura, ed è facile ricever un affronto.

BEAT. Tant’è, voglio partire.

FLOR. Aspettate ancora due giorni.

BEAT. Ah, che il cuor mi predice, che ho perduto il mio Tonino.

FLOR. Tolga il cielo gli auguri: ma se mai lo aveste perduto, che vorreste fare ritornando in Venezia?

BEAT. E che avrei a fare stando in Verona?

FLOR. Qui forse trovereste persona, che persuasa del vostro merito, potrebbe occupare il luogo del vostro caro Tonino.

BEAT. Oh, questo non sarà mai. O sarò di Tonino, o sarò della morte.

FLOR. (Eppure, se qui restasse e non venisse il suo amante, spererei a poco a poco di vincerla). (da sé)

BEAT. (Quando meno lo crederà, gli fuggirò dalle mani). (da sé)

FLOR. Ma ecco qui quel ganimede affettato di Lelio. Egli s’aggira sempre d’intorno a voi; guardi il cielo, se foste senza di me.

BEAT. Partiamo.

FLOR. Oh questo no: non diamo segno di timore. State pur sul vostro decoro, e non dubitate.

BEAT. (Mancava questo impedimento alla mia partenza). (da sé)

 

 

 


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