Carlo Goldoni
I due gemelli veneziani

ATTO TERZO

SCENA VENTIQUATTRESIMA

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SCENA VENTIQUATTRESIMA

 

Zanetto, poi Florindo

 

ZAN. Sentila... se la xe innamorada... la se despiera... e mi duro... ma... oimè, me manca el cuor... crepo, crepo... agiuto... agiuto.

FLOR. Come! Tonino in terra? Ecco il tempo di vendicarmi.

ZAN. Un’altra donna me corre drio... (si va torcendo)

FLOR. (Ma che vedo? Que’ moti paiono di moribondo). (da sé)

ZAN. Son morto... Son morto...

FLOR. (Muore davvero costui). (da sé) Ma che avete?

ZAN. Son morto...

FLOR. In che maniera?... che è stato?... (benché rivale, mi fa pietà). (da sé)

ZAN. Ho bevù... sì... le donne... Sior Pancrazio... oimè... oimè... son velenà... son morto... ma no... Via, donne... forti... duro, vedè... oimè. (muore)

FLOR. Ah che spirò il meschino! Chi mai l’ha assassinato? Come mai è egli morto? Che vedo? Ha un bicchiere vicino! Oh come è torbido questo vino! L’infelice fu avvelenato. (osserva il bicchiere, poi lo ripone in terra)

 

 

 


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