Carlo Goldoni
I due gemelli veneziani

ATTO TERZO

SCENA ULTIMA

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SCENA ULTIMA

 

Pancrazio e detti.

 

PANC. (Che vedo! Zanetto non è morto? Non ha preso il veleno? Quanto fui sciocco a credere che volesse farlo). (da sé)

DOTT. Signor Pancrazio, allegramente. Abbiamo delle gran novità.

PANC. Con buona grazia di lor signori. (chiama Tonino in disparte) (Ditemi, avete bevuto?) (piano al medesimo)

TON. Se ho bevù? Songio forsi imbriago?

PANC. No. Dico se avete bevuto quel che io vi ho dato.

TON. (Zitto, che qua ghe xe qualcossa da scoverzer114). (da sé) Mi no, non ho gnancora bevù.

PANC. Ma, e le donne che vi tormentano, come farete a soffrirle?

TON. Come ghoggio da far a liberarme?

PANC. Subito che avete bevuto, sarete liberato.

TON. E cossa ghoggio da bever?

PANC. Oh bella! quella polvere che vi ho dato. Che avete fatto del bicchiere col vino e colla polvere?

TON. (Bicchier de vin colla polvere? Adesso ho capio). (da sé) Ah sier cagadonao115, ah sier bronza coverta116, ipocrita maledetto! Vu stà, che ha mazzà mio fradello. Pur troppo l’ha bevù, pur troppo el xe andà all’altro mondo per causa vostra. Mi no son Zanetto, son Tonin. Gerimo do zemelli, e le nostre someggie v’ha fatto equivocar. Diseme, sior can, sassin, traditor per cossa l’aveu sassinà? Per cossa l’aveu mazzà? (forte, che tutti sentono)

PANC. Mi maraviglio di voi. Non so nulla, non intendo che dite. Sono chi sono, e sono incapace di tali iniquità.

TON. Ma cossa me disevi, se ho bevù? Se me voggio liberar dalle donne?

PANC. Diceva così per dire... se voi bevendo... diceva per le nozze, per le nozze.

TON. Vedeu che ve confondè? Sier infame, sier indegno, mazzarme un fradello?

PANC. Oh cielo! oh cielo! tanto ascolto, e non moro?

DOTT. Il signor Pancrazio è un uomo onorato, l’attesto ancor io.

FLOR. Io ho trovato vicino al moribondo Zanetto un bicchiere con dentro del vino molto torbido.

COL. Ed il signor Pancrazio poco fa è venuto in casa, e di nascosto ha preso un bicchiere di vino.

FLOR. Ora confronteremo. (prende il bicchiere che è in terra)

TON. Senti, se ti l’ha mazzà, poveretto ti! E delle mie zogie cossa ghe n’astu fatto! (a Pancrazio)

PANC. Sono nelle mani del giudice.

TON. Ben ben, ghe penserò mi a recuperarle.

FLOR. Ecco il vino in cui si avvelenò Zanetto. (mostra il bicchiere)

COL. E quello è il bicchiere col vino, che prese in casa il signor Pancrazio.

TON. Xe vero?

PANC. È vero.

TON. Donca ti, ti l’ha avvelenà.

PANC. Non è vero. Son galantuomo, e per farvi vedere la mia innocenza, datemi quel bicchiere.

FLOR. Prendete pure.

PANC. Ecco ch’io bevo.

DOTT. Se l’ho detto. Il signor Pancrazio non è capace di commettere iniquità.

TON. (Col beve, nol sarà velen). (da sé)

COL. Almeno si fosse avvelenato costui.

TON. Oimè! oimè! El straluna i occhi; ghe xe del mal.

PANC. (Avendo bevuto, sente l’effetto del veleno) Amici, son morto, non v’è più rimedio. Ora discopro il tutto, ora che son vicino a morire. Amai la signora Rosaura, e non potendo soffrire ch’ella divenisse altrui sposa, avvelenai quell’infelice per liberarmi da un tal rivale. Oimè, non posso più. Moro, e moro da scellerato qual vissi. La mia bontà fu simulata, fu finta. Serva a voi il mio esempio, per poco credere a chi affetta soverchia esemplarità; mentre non vi è il peggior scellerato di quel che finge esser buono, e non è. Addio, amici: vado a morire da disperato. (traballando parte)

COL. L’ho sempre detto ch’era un briccone.

TON. L’ha levà sto vadagno al bogia117. Povero mio fradello! Quanto che me despiase! Sorella cara, son consolà averve trovà vu, ma me despiase la morte del povero Zanetto.

ROS. Rincresce ancora a me, ma ci vuole pazienza.

DOTT. Orsù, andiamo in casa.

TON. Se la se contenta, menerò la mia sposa.

LEL. E verrò anch’io colla mia diva.

DOTT. Vengano tutti, che saranno testimoni nelle scritture che s’hanno a fare. (Questo è quello che mi preme). (da sé)

TON. Co l’eredità de mio fradello giusterò el Criminal de Venezia, e me tornerò a metter in piè. Se el podesse resussitar, lo faria volentiera, ma za che l’è morto, anderò in Val Brambana a sunar118 quelle quattro fregole119. Ringrazierò la fortuna che m’ha fatto trovar la sorella e la sposa, e colla morte de quel povero desgrazià sarà messi in chiaro tutti i equivochi, nati in t’un zorno, tra i do Veneziani Zemelli.

 

Fine della Commedia





p. -
114 Scoverzer, scoprire.



115 Cagadonao, parola ingiuriosa.



116 Sier bronza coverta, brace coperta, uomo finto, per metafora.



117 Bogia, boia, carnefice.



118 A sunar, a raccogliere.



119 Fregole, bricciole.

 



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