Carlo Goldoni
L'erede fortunata

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

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ATTO PRIMO

 

 

SCENA PRIMA

 

Camera in casa di Pancrazio, con varie sedie.

 

Pancrazio, Ottavio, Dottore, Florindo ed un Notaro, tutti a sedere, e Trastullo in piedi.

 

PANC. Signor Dottore, adesso si leggerà il testamento del quondam signor Petronio vostro fratello, e se voi sarete l’erede, o se voi sarete il tutore di Rosaura sua figlia, son pronto a darvi tutto, fino a un picciolo. Egli è morto in casa mia, ma è morto in casa di un galantuomo. Siamo stati compagni di negozio, e ci siamo amati come due fratelli. Gli sono stato fedele in vita, gli sarò fedele anche dopo morte; e mi scoppia il cuore nel pensare che il cielo mi ha tolta la cosa più cara che aveva in questo mondo. Signor notaro, apra il testamento e lo legga.

DOTT. Non vi era bisogno che mio fratello gettasse via de’ quattrini per far testamento. L’erede è sua figlia; ed io, come più prossimo parente, son quello che l’ha da custodire.

FLOR. Io son figlio d’una sorella del signor Petronio, ed ho delle pretensioni contro la sua eredità; s’egli mi ha destinata sua figlia per moglie, come mi aveva lusingato di fare, tutto sarà accomodato.

OTT. Bisogna vedere se la signora Rosaura vi vuole. (a Florindo)

FLOR. Se il padre lo comandasse, la figlia dovrebbe obbedire.

PANC. Animo, signor notaro, ci cavi tutti di pena.

DOTT. Potete tralasciare di legger per ora le cose superflue; ci preme solamente l’instituzion dell’erede e la nomina dei tutori.

NOT. Vi servo come volete. (legge) In tutti i suoi beni, presenti e futuri, mobili, stabili e semoventi, azioni, ragioni, nomi di debitori ecc. instituì ed instituisce erede sua universale la signora Rosaura, di lui figliuola legittima e naturale.

DOTT. Fin qui va bene.

FLOR. Questo è un atto di giustizia.

NOT. Con patto però che ella prenda per suo legittimo consorte il signor Pancrazio Aretusi.

FLOR. Oh, questa è una bestialità!

OTT. (Oh me infelice! Ecco perduta Rosaura). (da sé)

PANC. (Povero signor Petronio, mi fa piangere dall’allegrezza). (da sé)

DOTT. (Questo vecchio pazzo ha fatto fare il testamento a suo modo). (da sé)

NOT. E se detta signora Rosaura non isposasse il signor Pancrazio, e si volesse maritar con altri, o non prendesse marito, instituisce eredi universali per egual porzione il signor dottor Balanzoni, suo fratello, ed il signor Florindo Ardenti, figlio della signora Ortensia sua sorella, con patto ai medesimi di dare alla suddetta signora Rosaura quattromila ducati di dote.

FLOR. (Crepasse almeno codesto vecchio!) (da sé)

DOTT. (Bisognerà procurare che non s’adempia la condizione). (da sé)

OTT. (In tutte le maniere io l’ho perduta). (da sé)

PANC. (La signora Rosaura non vorrà perdere la sua fortuna). (da sé)

NOT. Tutore ed esecutore testamentario nominò e nomina e prega soler essere il signor Pancrazio Aretusi, fino che la detta sua erede si congiunga in matrimonio, senz’obbligo di render conto della sua amministrazione.

DOTT. (Mio fratello è stato sempre pazzo, ed è morto da pazzo). (da sé)

PANC. Signor Dottore, avete sentito. Per ora non v’è niente per voi.

DOTT. Se non ci è niente per ora, ve ne sarà col tempo.

PANC. Può esser di sì, e può esser di no.

DOTT. Son dottore, son legale, e tanto basta.

PANC. Le vostre cabale non mi fanno paura.

FLOR. Se Rosaura non prende me per marito, se ne pentirà assolutamente.

PANC. La difenderò a costo del mio sangue.

FLOR. Consumerete inutilmente tutte le sue facoltà.

DOTT. Gli faremo dare un economo.

PANC. A Pancrazio un economo? Per la piazza son conosciuto. Se vi sarà sospetto della mia amministrazione, vi darò tutto Rialto per sicurtà.

DOTT. La discorreremo, ci toccheremo le mani, signor tutore, signore sposo, signor erede. Bell’azione! Far fare al povero sciocco un testamento di questa sorta! E voi, signor notaro garbatissimo, chi v’ha insegnato a fare di simili testamenti?

NOT. Io sono obbligato a scrivere quello che il testatore mi ordina.

DOTT. Quando il testatore vuol fare delle disposizioni ingiuste e scandalose, il notaro è obbligato a suggerirgli la giustizia e l’onestà. Ma siete d’accordo con Pancrazio, e non sareste il primo che avesse fatto parlare un morto. Auri sacra fames; auri sacra fames. (parte)

FLOR. Correggerò io le pazzie d’un padre sedotto e le vostre fattucchierie. (parte)

PANC. Trastullo, voi che siete servitore ed avete più giudizio dei vostri padroni, illuminateli, e fateli conoscere l’inganno in cui sono. Ricordatevi che siete stato allevato in casa mia, e che il bene che avete, lo dovete riconoscere da me.

TRAST. So il mio debito. Non son di quei servitori che hanno per vanagloria di sputare in quella scodella dove hanno bevuto. Sono stato allevato in casa sua, ed ella mi ha fatto del bene. È vero che sono in obbligo di obbedir quelli che mi danno il salario. Ma a luogo e tempo mi ricorderò del mio primo padrone, e invece di alimentar questo fuoco, procurerò di buttarvi dell’acqua. (parte)

PANC. La ragione mi difende, la legge mi assiste, la giustizia non mi potrà abbandonare. Grazie al cielo, siamo a Venezia. Qua le cabale non fanno colpo; le bugie non si ascoltano; le prepotenze non vagliono niente. Signor notaro, venga oggi al mio banco, che sarà soddisfatto.

NOT. Sì signore, sarò a incomodarvi. (Quel caro signor Dottore si lamenta del testamento. Se non fossero i testamenti, gli avvocati farebbero poche faccende). (da sé, e parte)

 

 

 


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